00 16/01/2010 19:59
Figlia "bambocciona", niente soldi dal papà
ma il giudice gli impone mantenerla ancora


La sentenza del tribunale di Bergamo. Il papà aveva smesso di pagarle il mantenimento quando lei aveva 29 anni, poiché non si decideva a laurearsi: se l'uomo non avesse pagato, sarebbe scattato il pignoramento dei suoi beni


Un artigiano trentino dovrà continuare a pagare gli alimenti alla figlia di 32 anni, iscritta alla facoltà di Filosofia e da otto anni fuoricorso. La sentenza è del tribunale di Bergamo, al quale la donna si era rivolta per far si che il padre, ormai da anni residente nella città lombarda, continui a pagare l'assegno di mantenimento di 350 euro al mese.

L'uomo si era separato quando la ragazza aveva vent'anni - spiega il quotidiano Trentino - e il tribunale di Trento aveva assegnato la casa alla madre e alla figlia. Aveva inoltre stabilito la corresponsione di un assegno mensile di 700mila lire fino a quando la figlia non fosse divenuta autosufficiente. Nel frattempo l'artigiano si è trasferito a Bergamo, dove si è rifatto una vita e una famiglia. Negli anni ha sempre continuato a mantenere l'impegno verso la figlia, pagando l'assegno anche quando la sua piccola azienda ha attraversato momenti di difficoltà economica. Quando poi la figlia ha compiuto 29 anni e da sei anni era fuori corso, ha deciso di interrompere il pagamento dell'assegno.

Per tre anni la figlia non ha sollevato obiezioni. Poi si è rivolta al padre chiedendo nuovamente la corresponsione dell'assegno. Alle obiezioni del genitore circa l'andamento degli studi universitari, la donna non ha esitato a rivolgersi al tribunale di Bergamo per chiedere l'esecuzione della sentenza di divorzio pronunciata 12 anni fa a Trento.

Il giudice lombardo ha disposto che il padre continui a pagare. Per l'uomo il rischio era di vedersi pignorare tutti i beni. Oltre a riprendere il pagamento di 350 euro mensili, l'artigiano ha dovuto corrispondere anche gli arretrati per un totale di 12mila euro. La speranza è ora di vedere la figlia finalmente concludere il corso di studi universitari.

(16 gennaio 2010)


milano.repubblica.it/dettaglio/articolo/1830363




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