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Il fantasma scomodo di Pio XII


David Bidussa

24-12-2009

(Dal quotidiano il Secolo XIX del 24 dicembre 2009, p. 21)

La decisione di Benedetto XVI di far avanzare l’iter della beatificazione di Pio XII e quella di Giovanni Paolo II su binari distinti è un ripiegamento solo in apparenza. E’ probabile che molti valuteranno questa correzione di rotta come un atto di debolezza, comunque come un arretramento di fronte alle critiche venute soprattutto da parte ebraica. Dietro a questa decisione credo ci sia in realtà la presa d’atto di un percorso problematico per la Chiesa stessa. La beatificazione, infatti, è bene ricordarlo, è un processo che non riguarda la storia, bensì la dottrina.
La questione Pio XII e gli ebrei a lungo è stata letta attraverso la scena della razzia del ghetto del 16 ottobre 1943 e poi del trasporto in treno verso Auschwitz, una scena in cui la figura di Pio XII è stata più volte messa sotto la lente della critica. Non è l’unico punto in discussione intorno alla figura di Eugenio Pacelli, sia nella sua veste di nunzio a Berlino negli anni dell’ascesa del nazismo al potere fino al suo consolidamento e poi in quella di Pontefice. Ciò che gli si rimprovera è il fatto che quel silenzio è il gesto più clamoroso di un lungo atteggiamento ambiguo, comunque reticente. Una critica che allude sia il clima culturale e politico dell’ultima fase del pontificato di Pio XI (1937-febbraio 1939), sia l’immediato secondo dopoguerra.
Nel primo caso la questione ruota intorno alla cosiddetta “enciclica mancata” un testo promosso da Pio XI a partire dal 1937 e volto alla critica dei totalitarismi e in particolare di quello nazista. Un testo nel novembre 1938 è già pronto, che viene bloccato nelle settimane della malattia di Pio XI per poi scomparire con la sua morte e l’elezione a Papa di Pio XII.
Nel secondo caso il tema riguarda l’atteggiamento di Pio XII dopo il 1945. Una discussione sollevata nel dicembre 2004 dallo storico Alberto Melloni quando pubblica sul “Corriere della sera” una circolare vaticana in data 20 ottobre 1946 relativa ai bambini ebrei, “affidati alle famiglie e alle istituzioni cattoliche durante l’occupazione tedesca” (come recita il testo), e “salvati” dallo sterminio nazista, in alcuni casi battezzati, di cui si consigliava la non restituzione ai genitori. Da allora il fantasma di Pio XII è tornato ad aggirarsi nel confronto ebraico-cristiano e da ieri, dopo essere fragorosamente riapparso negli ultimi giorni, ha fatto un passo indietro.
Così è probabile che il prossimo 17 gennaio quando il Benedetto XVI si recherà in sinagoga a Roma, tutto dovrebbe svolgersi senza particolari problemi. E’ probabile, anche se altri nodi rimangono irrisolti in quel rapporto: gli scenari dell’identità non risolta dell’Europa e gli spazi e i conflitti che oppongono mondo ebraico e cristianità nello scenario israelo-palestinese, per esempio. Ma anche le conflittualità interne al mondo cattolico in cui alcuni leggono ed esaltano Pio XII come il segno di una Chiesa preconciliare, e quelle nel mondo ebraico, dove non è indifferente il peso di un dialogo in cui Roma sembra pretendere di parlare per “tutti gli ebrei”. Anche per questo la “beatificazione” e i suoi tempi, più che una causa, sembrano essere un termometro su cui ciascuno misura, secondo criteri diversi, la propria condizione culturale e identitaria.

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