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Intervista a Leonardo Pieraccioni

"Io e Marilyn": nel film di Natale un inedito Pieraccioni


Articolo di Ilaria Falcone - Pubblicato giovedì 17 dicembre 2009

Esce in 650 copie, distribuito da Medusa, il nuovo film di Leonardo Pieraccioni: Io & Marilyn, primo film fantasy per il regista toscano. Ma Pieraccioni non sperimenta solo il genere fantasy, quella che propone al pubblico è una commedia malinconica e sentimentale, ma pur sempre positiva... perché lui, come ci ha raccontato, “non gli riesce di fare altrimenti”.
Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione del suo film e gli abbiamo chiesto di parlarcene e di fare un bilancio della sua carriera artistica. Ci ha risposto con la sua carica di verve allegra e ci ha rivelato alcune curiosità. E se lo incontrate per strada, chiedetegli di imitare Guccini, il risultato è strabiliante.

Di cosa parla questo tuo nuovo film?

La vicenda ha come protagonista un 44enne toscano che si occupa di manutenzione di piscine, Gualtiero Marchesi, (il mio personaggio), che cerca di riconquistare l’amatissima moglie (Barbara Tabita) che lo ha lasciato ed è andata a vivere assieme alla loro figlia quindicenne (Marta Gastini) con un personaggio molto tosto, Pasquale (Biagio Izzo), un sensualissimo e focoso napoletano proprietario del Circo Posillipo; Pasquale è un domatore senza macchia e senza paura che forse ha fatto scattare in lei il sacro fuoco della passione perché rappresenta l’esatto opposto di suo marito. Gualtiero una sera, dopo essere uscito a cena con due suoi amici gay, (Massimo Ceccherini e Luca Laurenti) - che gestiscono una pasticceria e conducono la loro esistenza all’insegna della passione e della gelosia – si ritrova coinvolto in una seduta spiritica. I due amici vorrebbero evocare il cantante dei Queen, Freddy Mercury, ma lui preferirà optare per Marilyn Monroe che gli apparirà puntualmente, pronta a dispensargli consigli utili a farlo riavvicinare a sua moglie…

La scrittura di questo film come è nata?

Il soggetto è di Veronesi. Mi ha raccontato questa storia e, credo, che la volesse realizzare lui a un certo punto. Me l’ha raccontata perché cercavamo la mia nuova storia e anche per vedere la mia reazione... Che è stata “vai a casa e mangia, poi vieni domani mattina pulito e pettinato che iniziamo a scrivere”. Lui aveva paura che non mi piacesse il fantasy. Ma questo è un fantasy classico! Il fantasma con cui parli solamente te, che vedi solamente te, è rassicurante sotto tutti i punti di vista. Non è Essere John Malkovich. E poi quando mai mi sarebbe capitato di fare un film con Marilyn Monroe… Oh, ma lo sai che Susy Kennedy non si trova più. Vuoi vedere che abbiamo chiamato il fantasma di Marilyn e non ce ne siamo accorti?! E poi ognuno è il film che fa. Io e Giovanni Veronesi siamo questo film. In questo periodo insisto sempre con una certa leggerezza anche se velata di malinconia e amore sentimentale. C’è questo sentimentalismo acceso perché c’è di mezzo Marilyn, icona che ti accende la simpatia, la sensualità. Poi c’è la parte comica che ho messo in mano a comici che per me sono i migliori ad essere su piazza.

Come leggi Io & Marilyn?

Ora come ora non te lo saprei dire. Io ho la sindrome dell’anima del cabarettista. Vorrei fare dei film che riuscissero a far ridere dall’inizio alla fine. Le cose a tavolino non le ho mai fatte e mi auguro di non avere mai l’opportunità, chiamiamola così, di non doverle mai fare. A 29 anni raccontavo i laureati che non si volevano laureare perché volevano rimanere in quel giardino d’infanzia. I 30 anni li ho passati ripetendo quello che io dico da tempo “che cosa magnifica è essere travolti dall’amore”. E, quindi, ecco un trentenne che faceva i lavori più disperati e disparati e veniva travolto da un bellezza stratosferica, che lo portava via. Ora a 45 anni sarebbe patetico, secondo me. Potrebbe funzionare in rapporto alla storia comica, certo: con una ragazza bellissima e giovane che arriva e si innamora di me e io non so come fare, probabilmente si continuerebbe a far ridere in maniera più semplice. Ma non me la sento più. Ora, se io vedo su un giornale un’attrice meravigliosa di vent’anni, mi viene subito in mente di farci una nuova storia in cui lei è superinnamorata del mio figliolo, oppure il mio figliolo superinnamorato di lei e lei che non lo vuole, cioè vivere di sponda quelle cose dirette che ho fatto a 30 anni. E meno male, per me, anche perché altrimenti sarei vittima di uno scimmiottamento di me stesso a lungo termine che non mi piacerebbe.

Leonardo Pieraccioni si sta facendo sopraffare dalla malinconia?

Ma no dai, non proprio. Probabilmente si sta spostando in maniera naturale un tiro. Io ho scritto tre racconti, pubblicati da Mondadori. Sono racconti di una malinconia e di una tristezza… che una volta Marco Masini, amico mio, mi ha detto “io non ho mai scritto cose così”. La mia mamma in tempi non sospetti, otto anni fa, mi disse “io non so se tu sei quel ragazzone simpaticone gioviale che si vede nei film o quando vai in televisione o sei la cosa che ho letto stamani”. Guccini stesso, che è un mito anche per aver raccontato la parte spesso e volentieri più malinconia della vita, mi ha detto (e qui imita alla perfezione il cantautore tanto che è difficile restare seri) “ma figlio mio, ho letto i tuoi libri, ma sono di una tristezza immane.” Piano piano iniziamo a mettere delle tematiche che non sono tristi, sono sentimentali ancora. Sono ancora positive. E automaticamente questo risvolto malinconico prende il sopravvento sulla parte comica, allora il film prende una valenza più importante. Tanti mi hanno detto che si sono emozionati. E se viene la commozione è un risultato eccezionale.

Perché hai scelto come mito quello di Marilyn Monroe?

Guarda, è una cosa che voglio esprimere da tempo. Mi commuovo ripensando a persone che non ci sono più. E l’idea di rivederle, appunto, mi commuove. Nel film ho fatto una cosa che ho sempre voluto fare, dire a Marilyn “ti voglio bene”, dirle quanto lei mi ha fatto stare bene. Del resto non si diventa miti per caso. E poi, convinto come sono che quando una persona muore la sua presenza rimanga comunque forte nel cuore di chi l’ha amata, mi sono divertito ad immaginare che il protagonista della nostra storia potesse contare questa volta per le sue pene d’amore sulla più autorevole delle possibili consigliere, sul fantasma di quella che viene considerata la Donna per antonomasia e che incarna la femminilità piena e totale: Marilyn Monroe. Credo che Marilyn sia l’attrice più amata di tutti tempi, è da sempre circondata da un’aura di mito che oggi nessuno più possiede e io la considero un vero simbolo dell’amore struggente e malinconico .

Come hai trovato la sosia perfetta per Marilyn?

E’ stato molto semplice: ho digitato su un motore di ricerca di Internet le parole sosia di Marilyn ed è venuto fuori un vero e proprio clone che in un primo tempo avevo scambiato per l’originale. Si tratta di Suzie Kennedy, londinese, 32 anni, impegnata da sempre a valorizzare l’incredibile somiglianza con la diva americana: abbiamo dovuto bloccarla con grande anticipo per le date previste per le riprese del nostro film altrimenti sarebbe stata comunque in giro per il mondo in tourneè. Nessuno conosce Marilyn fin nei più piccoli dettagli come lei che vive una specie di transfert: è andata dalla vera parrucchiera dell’attrice per farsi raccontare come la pettinava davvero e poi una volta arrivata sul nostro set si è pettinata e truccata da sola, si è corretta le pieghe del celebre vestito bianco che conosce a memoria: dalla Monroe ha copiato e rubato tutto, anche certe uscite un po’ stralunate. Quando le ho annunciato ad esempio che avremmo girato a Firenze, una città dove Marilyn non era mai stata, lei mi ha risposto con aria sognante: Adesso ci andrà, e sono anche sicura che questo film le sarebbe piaciuto molto . Ne ripete alla perfezione i modi e i tempi e quando qualche volta pensavo di correggerla lei mi faceva notare che Marilyn non avrebbe mai pronunciato una battuta in un certa maniera e a quel punto l’ho lasciata libera di agire come meglio sentiva e credeva: mi sono arreso…

Il tuo personaggio si chiama Gualtiero Marchesi, come il cuoco, ma non è il cuoco. Come mai hai scelto il nome di uno chef?

Per omaggiare la sua arte, quella culinaria. E poi gli ho telefonato per chiedergli il permesso. Gli ho detto che se non me lo avesse concesso, mi sarei chiamato Gianfranco Vissani.

Da cosa è nata l’idea di ambientare parte del film in un circo?

Ma il circo è di per sé affascinante e fantastico. Volevo un mondo che si contrapponesse completamente al mondo delle piscine che il mio personaggio raccomoda. Il circo è una giungla, confronto al suo lavoro. E in questa giungla ci ho messo Tarzan, che è rappresentato da Biagio Izzo che parla questo napoletano stretto, che quando parla con me non riesce a capire. C’è uno scontro culturale e di idiomi, lui è quello che mi ha portato via la moglie. In mezzo c’è una figlia che non capisce se il padre è coraggioso quanto il nuovo compagno della madre. Quello che ho cercato di fare con lo scenografo è di non fare il circo triste. Ma di creare una bomboniera, volevo una foresta colorata.

Ceccherini e Laurenti interpretano una coppia gay, lontana dagli stereotipi, come siete riusciti a creare una situazione nuova, senza volgarità?

Mi è capitato spesso di sentire parlare di ex mogli o di ex mariti, da persone con un compagno accanto. E questo mi ha incuriosito … anche Ceccherini e Laurenti nel film parlano delle rispettive ex… e io ho raccontato quello che ho vissuto e sentito. Poi il fatto di non fare il vizietto viene naturale. Cercare di far fare bene il gay a Ceccherini è come di tentare di far coniugare bene il congiuntivo a Biscardi. Ho preferito lavorare di più su Laurenti e far fare l’orso a Ceccherini, che è uno che ha adorato pettinarsi come un Village People, ma che chiaramente non gli viene di fare il gay. Anche perché una volta me lo ha fatto… quando gli ho raccontato la sceneggiatura, ha tentato per un attimo di farmi vedere… e non è che diventava lo stereotipo, di più: nemmeno al Bagaglino lo avrebbero fatto. I due insieme fanno una grande tenerezza. Sono una coppia che mi piacerebbe riprendere. Ecco questo è l’unico film di cui mi sentirei di fare un sequel perché ha tutti gli elementi per poterlo fare. Mi sono avvicinato con il primo passo dell’abc del piccolo regista che si avvicina al fantasy.

Cosa ci racconti del cast di attori che recitano in Io & Marilyn?

La mia è una sorta di compagnia stabile e di “campeggio permanente” che ogni due anni si ritrova a fare una rimpatriata. Devo dire che Laurenti e Ceccherini in coppia sono stati una rivelazione e che mi picerebbe riunirli presto di nuovo. Con Massimo si va avanti col pilota automatico, non ho bisogno di dirigerlo troppo, mi fido di lui e della sua estroversione; è uno di quei personaggi che arrivano sul set agevolati dal fatto che gli autori conoscono le loro caratteristiche già in fase di scrittura, e così mentre sceneggiavamo io e Giovanni Veronesi ci siamo divertiti ad immaginare la voce di Massimo che pronunciava certe battute e a cercare di elaborare un percorso per la strana coppia a cui lui dà vita con Luca Laurenti: ci faceva ridere il solo pensiero che i due avessero un negozio di pasticceria chiamato La Boutique del Cannolo Gioioso e che Luca, follemente geloso del suo compagno, trattasse malissimo tutte le donne che entravano anche casualmente nella sua orbita . Rocco Papaleo rappresenta una presenza ricorrente nei miei film, e in questo caso il suo è un personaggio surreale, sempre vestito di nero con i capelli lunghi fino alle spalle, il paziente/segugio che è l’unico a credere a Gualtiero quando parla della presenza in atto di Marilyn. Rocco continua a ripetere che questo è il miglior ruolo che gli abbia mai offerto, ma la verità è che se gli si scrive qualcosa sulle sue corde lui dà sempre il meglio di sé . Barbara Tabita invece marca in scena benissimo per la seconda volta il cartellino del ruolo della mia ex moglie dopo Ti amo in tutte le lingue del mondo: a questo punto la mia certezza nel cinema è che se in futuro ci sarà un altro ruolo simile in un mio film non potrò chiamare nessun’altra che lei! Biagio Izzo è entrato in crisi perchè dopo averlo costretto a tingersi i capelli, diventati nerissimi, per interpretare il suo domatore che è una sorta di grande sparviero del circo, non veniva mai riconosciuto a casa dal figlio di due anni che scoppiava regolarmente a piangere appena lo vedeva. Il personaggio di Biagio è divertentissimo, è uno di quei Tarzan che quando affronta una tigre a mani nude la fa spaventare, ma ci sono certi suoi momenti sentimentali in cui vengono fuori i toni seri del grande attore: Izzo è davvero un fuoriclasse così come lo è Francesco Pannofino, dotato di tempi comici perfetti per il suo maresciallo dei carabinieri sempre più confuso e provato dagli eventi. Marta Gastini, la ragazza che interpreta il ruolo di mia figlia, è una bella sorpresa: l’ho scelta grazie ad un provino e si è rivelata perfetta. E’ un’attrice ed una ragazza davvero molto sensibile.

Chi si diverte di più: Francesco Guccini a recitare o tu a dirigerlo?

Si diverte lui. Arriva ogni due anni a vedere sta banda di matti. Per me è una benedizione, all’epoca del primo film per far capire la mia venerazione ho detto "io sto a guccini come Emilio Fede a Berlusconi" e si capisce l’amore totale per il grande maestro. Avercelo è come avere 30 anni, no di più, 34 anni di sue canzoni accanto a me. Anche se ogni tanto lo devo vestire da personaggio. Quando si è messo i pantaloni ascellari, per questo film, mi ha detto (e qui lo imita in modo esilarante) “che vergogna”. E io gli ho detto “hai ragione, ho tentato di farti più Guccini, ma in questo momento sei un attore e io il regista e devi fare quello che ti dico". E mi ha risposto “va bene orami sono in questa barca.”

Nel tuo film c’è una battuta molto significativa, “il marito perfetto resta celibe”, quindi la donna perfetta è quella fantasma?

Eh,…c’è anche questo. Se qualche disilluso dall’amore va a vedere il film dice “vedi l’amore esiste solamente nella propria testa o ti devi prendere un amore che puoi gestire bene come un fantasma.” C’è chi la pensa così. Io ancora non ci sono arrivato. Certo che se tra dieci anni ancora non sono sposato e non ho la serenità sentimentale inizio a pensarci pure io.


Testo tratto dalla rivista online - NonSoloCinema - anno VI n. 6 - © 2009
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