00 15/10/2009 17:52
Lettera aperta al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano

di Paolo Farinella, prete

Sig. Cardinale,

Mercoledì 7 ottobre 2009 è stato un giorno memorabile e
tragico. Memorabile perché una sentenza della Corte Costituzionale ha
dichiarato illegittimo il tentativo di Silvio Berlusconi, presidente
del consiglio, corrotto e corruttore, di stravolgere lo stato di
diritto, piegandolo ai suoi biechi e immorali interessi. Con il «Lodo
Alfano», egli voleva la consacrazione costituzionale di essere l’«Unto
di Dio» in terra. Che Berlusconi sia «unto» è fuori di ogni dubbio:
unto di falsità, di immoralità, di corruzione, di furto, di evasione,
di illegalità e di antidemocraticità . La sentenza della Corte, invece,
ha restituito a noi cittadini comuni, l’orgoglio della dignità di
appartenere ad una Repubblica, dove l’uguaglianza dei cittadini e la
legalità sono ancora «principi non negoziabili». Con questa sentenza
l’Italia è più forte e più libera.

Mercoledì 7 ottobre 2009, però, è stato anche un giorno
tragico. Lei, sig. segretario di Stato Vaticano, nonostante la
disapprovazione della Chiesa reale, ad ogni costo, ha voluto tagliare
insieme a Berlusconi il nastro della mostra «Il Potere e la Grazia» a
palazzo Venezia (ogni riferimento al passato è decisamente voluto).
Che scena deprimente! Che spettacolo rozzo e indecoroso! Lei sapeva
che «in quel giorno e in quelle ore», la Corte Suprema si sarebbe
pronunciata e sapeva quali sarebbero state le reazioni di un uomo
malato e fuori controllo (testimonianza della moglie), eppure non ha
esitato ad aspettare e a rispettare la tempistica imposta da un
giullare che da sempre ha identificato i suoi interessi con quelli del
Paese.

Il presidente del consiglio, furibondo per non essere «più
uguale degli altri», chiuso nel bunker insieme ai suoi disonorevoli
dipendenti, sapendo che ormai non poteva sfruttare il tg1
minzoliniano, ormai fuori tempo massimo, ritarda volutamente
l’apertura della mostra, costringendo lei ad aspettare i suoi comodi.
Egli infatti varca la soglia di palazzo Grazioli, sede di meretricio
istituzionale, nello stesso momento in cui inizia il tg4 di famiglia,
consapevole che quelle primissime immagini avrebbero fatto il giro del
mondo.

Come un cane, ferito all’improvviso, con uno stile da pescivendolo
(con tutto il rispetto) più che da uomo di Stato, va all’attacco di
tutti: lo tzunami della vergogna attraversa l’etere, una valanga di
falsità e di fango schizza dappertutto: contro il Presidente della
Repubblica, contro i Giudici Costituzionali (anche contro quei due con
i quali ha condiviso una irrituale cena, prima della sentenza?),
contro la guardia del corpo più alta di lui, contro la stampa, contro
la televisione, contro la luna che si permetteva di sogghignare. Una
scena invereconda.

«In quel giorno», il 7 ottobre 2009, la prudenza clericale
e diplomatica avrebbe voluto che lei stesse defilato, magari in
qualche cappella a pregare per la «serva Italia di dolore ostello /
nave sanza nocchiere in gran in gran tempesta / non donna di
provincie, ma bordello» (Dante, Purg. II, 6,76-78). Invece?… Invece,
lei, sig. cardinale, stava lì, come un compare di nozze, accanto
all’«utilizzatore finale» di prostitute a pagamento. Egli da solo ha
calpestato tutti «i principi etici non negoziabili» con cui lei è
solito pontificare; tutti i principi della dottrina sociale della
Chiesa che ogni tanto lei rispolvera per darsi un contegno; tutti i
valori etici per cui il Vaticano e la Cei avete anche organizzato una
manifestazione di massa, il Family-Day, a cui ha partecipato anche il
frequentatore di minorenni, divorziato e strenuo difensore della
«famiglia», senza che nessuno lo accompagnasse in qualche strada
adiacente; tutti i principi, i valori, le regole e il metodo che il
papa predica e la Cei descrive nel documento «Educare alla legalità»
(1991-2000), che avete abortito prima ancora che nascesse.

Tutto ha corrotto il Corruttore, anche le coscienza del popolo
cattolico che, su vostra indicazione, lo vota in massa, senza nemmeno
turarsi il naso. Lei stava lì come un protettore che mette il cappello
sul proprio protetto, mandando un messaggio mediatico trasversale
dentro e fuori i palazzi: Berlusconi è sotto la protezione del
Vaticano e non si tocca, come lei aveva fatto con Giovanni Profiti,
indagato a Genova e promosso a presidente dell’ospedale Bambino Gesù
di Roma, di proprietà del Vaticano. Si direbbe che lei sia attratto
dalla recidività: lei, infatti, va a braccetto di Berlusconi,
nonostante sia corrotto, nonostante abbia corrotto, nonostante
frequenti minorenni, nonostante favorisca e alimenti la prostituzione,
nonostante sia evasore, nonostante sia piduista, nonostante sia
Berlusconijad, nonostante abbia impoverito l’Italia dentro l’abbia
umiliata fuori, all’estero, dove stampa ed economia chiedono a gran
voce le dimissioni.

A lei, sig. cardinale, che gliene cale? L’importante è portare a
casa, a costo zero, qualche legge che domani un altro governo
eliminerà. Ah, la lungimiranza della diplomazia vaticana, un tempo
mito ineguagliabile di accortezza serpentina, oggi ridotta a comparsa
nel ridotto del berlusconismo, mito dell’anticristianesimo.

Il mondo ha visto che il presidente del consiglio,
vergogna internazionale della Repubblica italiana, certo ormai del
padrinaggio vaticano, ha osato dirle davanti a tutti che in quella
mostra mancava un quadro: «quello di San Silvio da Arcore» e lei, con
il sorriso di prassi (diplomaticamente ebete), è rimasto allampanato,
incapace di infilargli una mano in bocca e strappargli la lingua. Lei
annuiva, restando immobile, che è il top della diplomazia e della
falsità proterva e bugiarda. Io non so se lei si sia reso conto del
danno che ha provocato alla Chiesa universale e alla Chiesa che è in
Italia in modo particolare.

Con la sua presenza «in quel giorno e a quell’ora», senza che
Berlusconi ammettesse i suoi errori e chiedesse scusa agli Italiani e
alle Italiane dei suoi comportamenti non privati, ma di presidente del
consiglio in carica in luoghi protetti dal «segreto di Stato», lei ha
posto la premessa formale per sette conseguenze inevitabili, che
peseranno sulla sua coscienza e di cui dovrà rendere conto a quel Dio
in cui dice di credere:

a) Lei ha avallato la tesi del presidente del consiglio che
afferma di essere orgoglioso dei suoi comportamenti perché gli
Italiani vogliono essere come lui. In questo modo lo propone a tutti
come MODELLO. Lei insieme a Berlusconi, due giorni dopo una sentenza
di un sovrano tribunale che lo giudica corruttore di giudici e nel
giorno in cui la Corte Suprema lo spoglia della sua pretesa e mafiosa
superiorità, rendendolo semplicemente cittadino tra i cittadini,
autorizza tutti gli Italiani e le Italiane a imitarlo perché che altro
significa la sua presenza se non la santificazione di un uomo perverso
e del suo sistema d’impunità immorale?

b) Lei ha dato vigore e densità alla pazzia di un uomo che non
esita a gettare la Nazione in una guerra civile pur di salvarsi da
tutte le sue ignominie e dai tribunali, anche per fatti commessi prima
che diventasse deputato e presidente del consiglio. Come nel 1929 fu
solo il Vaticano a riconoscere il governo di Mussolini e la sua
dittatura fascista, così nel 2009, esattamente dopo 80 anni, è ancora
il Vaticano a togliere d’impiccio istituzionale un governo e un
indegno presidente del consiglio condannato dal mondo intero.

c) Lei con questa sua presenza, «in quel giorno e in quelle
condizioni», ha perso ogni dignità etica di parlare di mortalità e di
spiritualità perché non ha esitato, sul modello della migliore
tradizione mafiosa, a dire al mondo intero che un mafioso, amico dei
mafiosi e protettore di mafiosi, corruttore, evasore (con tutto il
resto), è protetto dalla Sacra Famiglia Vaticana. E’ possibile che lei
rappresenti uno Stato estero, è impossibile che possa, anche per
sbaglio, rappresentare la Chiesa di Cristo.

d) Lei con la sua presenza a quella mostra ha assolto di fatto
Berlusconi, all’insegna del «siamo pratici, ovvia!», rinnegando anche
le condizioni etiche e sacramentali che la Chiesa impone ai poveri
diavoli. Lei ha disonorato tutti i credenti che faticano giorno per
giorno a conciliare quello che voi dite con le difficoltà della vita.
Forse abbiamo sbagliato interpretazione del vangelo e correggerlo con
«i ricchi li avrete sempre con voi», al posto di «i poveri li avrete
sempre con voi». Personalmente ritengo che lei, in coscienza, non
possa celebrare la Messa senza commettere sacrilegio e vilipendio
della dottrina cattolica.

e) Lei apparendo accanto all’Indecenza personificata, non solo ne
diventa complice e coartefice, ma autorizza centinaia e centinaia di
persone credenti e non credenti a diffidare di una gerarchia collusa
con il potere e il malaffare, esortando i molti che sono sulla soglia,
invitandoli a lasciare la Chiesa, sbattezzandosi come atto formale,
unica arma di autodifesa nei vostri confronti che ascoltate solo il
richiamo del corrotto potere.

f) Lei ha dato l’avallo ai giorni tristi che ci attendono perché
l’uomo è senza coscienza di Stato.

g) Lei è colpevole se le offerte dell’8xmille diminuiranno ancora
e deve sapere che ne è stato e ne è la causa efficiente. Da alcuni
anni le offerte diminuiscono sempre di più e sulla mia strada incontro
sempre più persone che dichiarano di firmare per altre realtà
religiose, perché non vogliono essere complici di una clero e di una
gerarchia che ha tradito il Vangelo.

Come prete di strada, come credente nel Gesù del Vangelo e come
cittadino che ama il suo Paese, senza esserne schiavo, mi permetta di
dirle con chiarezza: lei non mi rappresenta più (veramente non mi ha
mai rappresentato, nemmeno quando era vescovo di Genova) e sono fiero
di rifiutare e ripudiare il suo modello e quello che lei propone,
proteggendolo: il berlusconismo che è l’indecenza che corrompe la
nostra Nazione e corrode il nostro futuro. Intanto il territorio,
dilapidato dai condoni edilizi, si frantuma, i precari, i licenziati,
i tre milioni di poveri che vivono con 222,00 euro, gli sfrattati e
gli immigrati uccisi, tutti in coro ringraziano anche lei che, ora con
certezza, «sappiamo da che parte sta».

Con disistima,

Genova, 8 ottobre 2009

Paolo Farinella, prete
cristina