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Il grande comunicatore non fu un persuasore occulto, aveva un alto senso della parola e si batté per i valori della «res publica» con doti innate e con grandi qualità personali. Ora un volumetto raccoglie i suoi testi principali sulla buona riuscita di un discorso orale


Cicerone, ecco il manuale del buon oratore



Di Bianca Garavelli

Se per Dante, alcuni secoli più tardi, le parole sono «corto dire e fioco», inadeguati strumenti per esprimere la dimensione divina, per Cicerone la parola è segno distintivo dell'umanità e radice della sua capacità di interagire col mondo. Se a ogni cultura la parola in qualche modo interessa, in un mondo come il nostro, sempre più basato sulle opportunità offerte da una buona comunicazione, Cicerone si rivela, a sorpresa, ancora attuale. Lo mette bene in rilievo Paolo Marsich, il curatore di questo L'arte di comunicare che ha tutte le qualità per accattivarsi i lettori: è breve, agile, scandito in capitoli ben definiti, in una parola «leggibile». Quello della «leggibilità», discutibile parola tanto frequente in quarte di copertina e comunicati stampa, sembra essere il miraggio degli editori contemporanei, ed è il corrispettivo di una «comunicabilità», per così dire, di una capacità di spendere le proprie risorse per la buona riuscita di un discorso orale. Nel nostro tempo, come osserva Marsich, la parola comunicazione è diventata non certo sinonimo di un'arte, ma una sorta di specchietto per le allodole: «imperano» scuole di comunicazione, escono manualetti, anche scolastici, che pretendono di insegnare attraverso tecniche spicciole, in poche facili lezioni, la capacità di esprimersi bene in pubblico, convincendo i propri ascoltatori senza porsi il problema morale di ciò che viene loro proposto. Ebbene, alcuni di questi (come quelli che suggeriscono delle «tecniche» per assemblare un tema), hanno attinto dai trattati di Cicerone, ma snaturandone le intenzioni autentiche e ignorandone l'etica sottesa.
Completamente diverso è infatti l'approccio di Cicerone, che data ormai quasi duemila anni fa: l'oratore non è un semplice «persuasore occulto», come diremmo noi, ma una persona innanzitutto fedele a una propria etica irrinunciabile, fondata sugli stessi valori che fondano anche la res publica, lo stato libero e democratico. È fondamentale, poi, che un buon oratore sappia molte cose, cioè abbia ampie conoscenze in diverse discipline, perché il suo parlare non sia meccanica ripetizione di concetti raffazzonati in fretta e senza basi. Altro aspetto fondamentale: la predisposizione, perché nonostante l'esercizio giovi se non ci sono doti naturali è ben difficile raggiungere l'eccellenza. Queste teorie basilari, tratte principalmente dal trattato in forma di dialogo De oratore, presuppongono nell'autore un'idea molto precisa anche del ruolo che questo personaggio complesso e impegnato doveva avere, e anche il fatto che la sua attività oratoria, non finalizzata alla gloria ma al bene comune, doveva svolgersi necessariamente dentro uno stato democratico. Solo in una repubblica dunque, come quella che Cicerone aveva sempre difeso contro i diversi tentativi di trasformarla nel «governo di uno solo», poteva nascere e prosperare una simile figura, che nell'arte della parola faceva confluire rispetto per lo stato, senso di giustizia, sincera volontà di migliorare i propri ascoltatori, capacità di sacrificio. Forse troppe qualità in una sola persona? Può darsi, ma l'oratore ideale che Cicerone aveva in mente era molto simile a lui stesso: che infatti lottò contro il malgoverno in Sicilia di Verre, contro il tentativo di colpo di stato di Catilina, si schierò contro Cesare perché credeva Pompeo il vero garante delle libertà repubblicane. Infine commise l'errore che gli fu fatale credendo nelle buone qualità politiche di Ottaviano, contro l'avidità di potere di Antonio. Quest'ultimo, nel breve periodo in cui si alleò con l'avversario, non fu altrettanto clemente di Cesare e fece uccidere Cicerone, nel 43 a. C. Quindi lui stesso fu coerente fino alla propria fine, coltivando con l'oratoria un ideale di vita, un sogno di civiltà. Perché «non c'è nulla di più nobile che riuscire a catturare l'attenzione delle persone con la parola, […] e questa è l'unica dote che presso tutti i popoli liberi […] ha sempre ottenuto riconoscimento e valore».


Cicerone
L'arte di comunicare
Oscar Mondadori
Pagine 94. Euro 7,00



da: www.avvenire.it/

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