lillo1
00martedì 17 maggio 2005 14:00
da italia oggi:
La Corte di Cassazione, in conformità con l'orientamento del Consiglio di Stato, nelle sue recenti pronunce ha ritenuto che la rappresentanza in giudizio dell'ente locale è riservata in via esclusiva all'organo politico di vertice, ovvero al sindaco e tale competenza non può essere esercitata dal dirigente titolare della direzione di un ufficio o di un servizio neppure se così prevedesse lo statuto dell'ente. Con la sentenza n. 10787 del 7 giugno 2004 la Cassazione ha precisato che mentre lo statuto non può mai sottrarre al sindaco la titolarità della rappresentanza in giudizio, diversamente nel determinare i modi di esercizio della rappresentanza legale, può stabilire se per la autorizzazione ad agire o resistere in giudizio sia sufficiente una determinazione dirigenziale o occorra una deliberazione dell'organo collegiale. La decisione della Corte si basa sulla considerazione che la proposizione dell'azione giuridica ovvero della resistenza in giudizio, costituiscono valutazioni discrezionali che possono portare rilevanti conseguenze sia in relazione alla fondatezza sotto il profilo giuridico delle ragioni del comune, sia in relazione alle conseguenze giuridiche ed economiche per l’ente locale. Il Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 155/2005 ha affermato che il riconosciuto potere dei dirigenti di promuovere o resistere alle liti riguarda la loro legittimazione processuale e non già la rappresentanza dell'ente. La Prefettura di Cagliari con la circolare 6 maggio 2005 ha recepito tali orientamenti sostenendo “che la giurisprudenza si è ormai consolidata nel ritenere che il sindaco è il legale rappresentante del comune per stare in giudizio. Conseguentemente solo al sindaco compete conferire al difensore la procura nelle liti attive e passive