Re:
Scritto da: marco panaro 19/03/2007 12.49
Ma è così pacifico che la tariffa non costituisca un tributo? Ad esempio, ai fini del requisito della regolarità nel pagamento di imposte e tasse, per la partecipazione alle gare d'appalto?
Le questioni poste da Marco Panaro sono sostanzialmente due: 1) se la tariffa rifiuti può essere considerata tributo; 2) ove la risposta alla prima domanda fosse positiva, se tale tributo può rientrare nella previsione di cui all’art. 38 del nuovo codice dei contratti pubblici, che esclude dalla partecipazione alle gare le ditte che non possiedono il requisito della regolarità fiscale.
Dobbiamo cioè porci la seguente domanda: un concorrente che non è in regola con il pagamento della tariffa rifiuti può essere escluso dalla gara ?
Sulla natura giuridica della “tariffa” le opinioni sono contrastanti a causa della presenza di elementi privatistici (definizione nominalistica, mancanza del regime dei controlli, ecc.) in un’entrata che mantiene comunque un forte carattere pubblico e autoritativo (istituzione obbligatoria e unilaterale da parte del Comune, assenza di un vero e proprio rapporto sinallagmatico, ecc.).
Personalmente ritengo che l’entrata sia di natura tributaria, per diversi motivi che provo a sintetizzare (in gran parte individuati da quel buon venditore di fumo di giandan !):
- nella qualificazione giuridica di un qualsiasi istituto non dobbiamo fermarci al “nomen iuris” usato dal legislatore ma occorre analizzare la relativa disciplina: quindi la tesi della natura privatistica non può basarsi sul carattere terminologico dell’istituto;
- la quasi totale coincidenza del presupposto e dei soggetti passivi rispetto alla tarsu fanno subito pensare ad una sostanziale continuità di regime giuridico;
- l’obbligazione è commisurata in base alla fruibilità del servizio (come per la tarsu) e non in base all’uso effettivo, con la conseguenza che il privato deve pagare la tariffa anche quando in realtà non utilizza il servizio (ovvero paga in base a parametri presuntivi, tra cui la superficie dei locali utilizzati);
- prima dell’adozione della tariffa rifiuti, la commissione per il decentramento fiscale allora presieduta dal prof. Gallo (ora giudice della Corte costituzionale) aveva evidenziato che il prelievo imposto per il finanziamento del servizio, comunque lo si chiami, partecipa dei caratteri che la dottrina ha sempre attribuito alla tassa.
Ci sarebbero ancora altri argomenti a favore della tesi, ma quello che potrebbe da solo bastare a farla ritenere una vera e propria “tassa” è il fatto che la tariffa deve coprire tutti i costi della gestione dei rifiuti, anche quelli non imputabili al singolo utente (si pensi allo spazzamento delle strade e aree pubbliche, parchi, giardini, ecc.). In sostanza, mediante il pagamento della tariffa il singolo soggetto passivo provvede anche ad uno specifico interesse generale di tutela ambientale. In tal senso non è assolutamente possibile parlare di entrata di natura patrimoniale o privatistica.
Peraltro, se la tariffa non fosse un tributo locale non sarebbero ad essa applicabili tutte quelle disposizioni della legge finanziaria 2007 espressamente riferite ai “tributi locali” (riscossione coattiva, compensazione, soglia minima di esigibilità, ecc.).
Staremo comunque a vedere cosa prevederà il regolamento attuativo della nuova tariffa del codice ambientale (art. 238), se mai vedrà la luce !
Risolta (a mio modo di vedere) in maniera positiva la prima questione, resta da capire se la regolarità fiscale prevista dall’art. 38 del nuovo codice dei contratti è riferita sia ai tributi erariali che a quelli locali.
Personalmente avrei delle perplessità a ritenere estensibile la norma anche ai tributi locali (mi pare che certificazione venga rilasciata dall’Agenzia delle entrate, che non ha nessuna competenza sui tributi locali), ma sul punto cedo volentieri la parola agli esperti in materia di appalti