notifica rendita catastale ai fini ICI

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clatemp
00venerdì 29 ottobre 2004 11:27
sto raccogliendo un pò di sentenze sulla retroattività o meno della rendita notificata dopo il 2001 ai fini ICI. Inserirò in seguito quelle trovate. Chiedo collaborazione
clatemp
00venerdì 29 ottobre 2004 11:54
ctp firenze
Commissione Tributaria Provinciale Firenze, 1/12/2003 n. 67

ICI - Determinazione della rendita - retroattività - art. 74, legge n. 342/2000
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. xxx ha proposto ricorso avverso degli avvisi di accertamento relativi all'I.C.I. per le annualità 1998 e 1999, recanti l'importo complessivo di euro 244, 82, quale differenza tra rendita presunta e rendita attribuita dall'Agenzia del Territorio per un'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e la relativa pertinenza (box) sita a Sesto Fiorentino in via xxx.
2. A sostegno dell'impugnazione la ricorrente ha eccepito la nullità degli atti per difetto assoluto di qualificazione giuridica avendo l'ufficio emessi avvisi di accertamento e non di liquidazione, come invece previsto dalla legge, con conseguente decadenza del termine per il recupero della differenza di importo. xxx ha, inoltre, eccepito la carenza assoluta di motivazione degli atti impugnati e la nullità dei medesimi perché "fondati su rendite catastali notificate solamente in data 8 aprile 2000" e, quindi, valevoli solo da tale data.
3. L'ufficio finanziario si è costituito ed ha chiesto il rigetto delle domanda, asserendo la legittimità del proprio operato. In particolare l'ufficio convenuto ha dedotto che la nuova rendita era applicabile anche al periodo antecedente.
4. La controversia è stata discussa in pubblica udienza e poi è stata trattenuta dalla commissione per la decisione.
5. Stabilisce l'art.74 della legge 21 novembre 2000 n.342 che a decorrere dal primo gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall'avvenuta notificazione decorre il termine di cui all'art. 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui all'art. 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo. Dell'avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati.
6. La norma precisa, tuttavia, che gli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita, adottati entro il 31 dicembre 1999, che siano stati recepiti in atti impositivi dell'amministrazione finanziaria o degli enti locali non divenuti definitivi, non sono dovuti sanzioni ed interessi relativamente al periodo compreso tra la data di attribuzione o modificazione della rendita e quella di scadenza del termine per la presentazione del ricorso avverso il suddetto atto, come prorogato dal presente comma. Non si fa luogo in alcun caso a rimborso di importi comunque pagati. Il ricorso di cui all'art. 2, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni, avverso gli atti di attribuzione o di modificazione delle rendite, resi definitivi per mancata impugnazione, può essere proposto entro il termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Infine la disposizione di legge chiarisce che per gli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita, adottati entro il 31 dicembre 1999, non ancora recepiti in atti impositivi dell'amministrazione finanziaria o degli enti locali, i soggetti attivi di imposta provvedono, entro i termini di prescrizione o decadenza previsti dalle norme per i singoli tributi, alla liquidazione o all'accertamento dell'eventuale imposta dovuta sulla base della rendita catastale attribuita. I relativi atti impositivi costituiscono a tutti gli effetti anche atti di notificazione della predetta rendita.
8. Ciò posto ritiene il giudicante, in conformità all'opinione espressa non solo da altra sezione di questa stessa commissione (vedi Commiss. Trib. Prov. Firenze, Sez.XIX, 13/03/2001, n.17, in Boll. Trib, 2001, 555), ma anche da Commiss. Trib. Prov. Milano, Sez.V, 13/03/2002, n.59, in Boll.Trib., 2002, 714; Commiss. Trib. Prov. Trento, 16/10/2001, n.61, in Boll.Trib., 2002, 153; Commiss. Trib. Prov. Reggio Ermjia, Sez.lV, 29/06/2001, n.94, in Finanza Loc., 2001, 1638) che in tema di recupero di imposta comunale sugli immobili relativamente alle annualità 1994-1999, azionato nel 2001 per le differenze fra le rendite provvisoriamente dichiarate dal contribuente e la rendita catastale ufficialmente definita, l'art. 74 L. 21 novembre 2000, n. 342, mentre, al comma 1, sancisce il principio della irretroattività delle rendite determinate dal primo gennaio 2000 in poi e della loro efficacia solo dalla data della loro formale notificazione al soggetto intestatario della partita catastale, al comma 2 fa salvi gli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione delle rendite adottati entro il 31 dicembre 1999 o che siano stati recepiti in atti impositivi dei comuni che non siano ancora divenuti definitivi. Quest'ultima disposizione, tuttavia, deve essere interpretata conformemente ai principi costituzionali, nel senso, cioè, che essa non potrebbe conferire rilevanza esterna ad un atto interno, in quanto mai notificato al contribuente e da questi, quindi, non controllabile.
9. Di conseguenza, l'assunto del comune impositore di aver annotato nei propri atti la rendita catastale nel dicembre del 1999, senza, peraltro, fornire alcuna prova certa di ciò e senza possibilità di controllo da parte del contribuente, precostituirebbe un elemento favorevole alla propria posizione, in contrasto con i principi più elementari del processo e dei diritti di difesa del contribuente, legittimando così la deduzione dell'annullamento dei relativi atti impositivi.
10. In accoglimento del ricorso va pertanto dichiarata l'illegittimità del tributo. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio ai sensi del secondo comma dell'art.92 c.p.c., come richiamato dal secondo comma dell'art.1 del decreto legislativo del 31 dicembre 1992 n.546, come modificato dal decreto legge 15 marzo 1996 n.123.
Per questi motivi
la Commissione accoglie il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio.
clatemp
00venerdì 29 ottobre 2004 12:02
ctr lazio
SENTENZA N. 48 DEL 16/04/2004 COMMISSIONE REGIONALE LAZIO

Intitolazione:ICI - BASE IMPONIBILE - D.lgs n. 504/1992: art. 11, comma 1.Rendita attribuita superiore del 30% a quella dichiarata.Maggiorazione dell'imposta del 20%. Sanzione. Esclusione. L. n. 342/00,art. 74, comma 2.
Massima:La sanzione irrogata ai sensi dell'art. 11, comma 1 del Dlgs n. 504/92 e'illegittima. L'art. 74, comma 2 della L. n. 342/00 dispone che non sonodovute sanzioni relativamente al periodo compreso tra la data d'attribuzioneo modificazione della rendita e quella di scadenza del termine dipresentazione del ricorso avverso l'atto di attribuzione o modificazione della rendita. Testo: SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il 29 dicembre 1997 l'xxx S.p.A, avvalendosi della procedura prevista dal DM 19 aprile 1994, n.701, con distinte dichiarazioni proponeva all'UTE diRoma l'attribuzione della rendita di lire 934.600.000 per l'immobile,centrale termoelettrica, sito in Civitavecchia, via Amelia Nord distinto alfoglio 7, n. 778 (Torre Valdaliga Sud) e l'attribuzione della rendita dilire 2.465.020.000 per l'immobile, centrale termoelettrica, sito inCivitavecchia, via Aurelia Nord, distinto al foglio 7, n. 791 e 793 (TorreValdaliga Nord). Con distinti avvisi notificati il 21 dicembre 1998 l'UTE ha rettificato lerendite proposte dall'xxx, determinandole in lire 13.513.809.000 per lacentrale di Torre Valdaliga Sud ed in lire 35.003.076.000 per quella diTorre Valdaliga Nord. L'xxx ha proposto ricorso avverso le due rettifiche, eccependone il difettodi motivazione e contestando nel merito la loro legittimita' e fondatezza,ed ha chiesto la sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati. L'UTE si e' ritualmente costituito insistendo sulla legittimita' deiclassamenti operati. Il 9 aprile 1999 il comune di Civitavecchia, a norma dell'articolo 11 delD.Lgs. 30 dicembre 1992 n.504, notificava all'xxx S.p.A. avviso diliquidazione dell'ICI 1998, esigendo il pagamento dell'imposta nella misurarisultante dai valori delle due centrali determinati dall'UTE (complessivelire 16.982.720.900, a fronte di lire 1.302.803.728 versate dalla societa'sulla base dei valori dichiarati), oltre alle sanzioni di legge e agliinteressi. L'xxx S.p.A. proponeva ricorso contro l'avviso di liquidazione, deducendonedifetto di motivazione e contestandone la legittimita' e il fondamento echiedeva la sospensione della sua esecuzione. Il comune di Civitavecchia, ritualmente costituitesi, ha chiesto la riunionedei procedimenti insistendo nella sua pretesa. Con decreto del 9 febbraio2000 il Presidente della Commissione tributaria provinciale di Roma, Sezionen.23, ha sospeso in via di urgenza l'esecuzione dell'avviso di liquidazioneimpugnato. Con ordinanza del 22 maggio 2000 la Commissione, riuniti i tre procedimentiper connessione sospendeva l'esecuzione degli atti impugnati nei limitidella meta' delle maggiori rendite attribuite dall'UTE, convalidando entrolo stesso limite l'esecuzione dell'avviso di liquidazione dell'ICI 1998. LaCommissione disponeva quindi consulenza tecnica sia per migliore descrizionedei beni sia per acquisire elementi di valutazione. Sono pero' insortedifficolta', non essendo possibile per i limiti tariffari vigenti, inrelazione alle dimensioni dei due complessi, ottenere la collaborazione diprofessionisti idonei. La Commissione, dopo un vano tentativo di superaretale ostacolo separando i procedimenti ai fini di un frazionamentodell'incarico peritale, revocava la precedente ordinanza, sollecitando lacollaborazione delle parti per un rilevamento concordato delle superfici edelle cubature e per l'acquisizione di elementi che consentissero unaverifica diretta da parte della commissione stessa. I tre procedimenti, venuta meno l'esigenza istruttoria che ne avevasuggerito la separazione venivano nuovamente riuniti. Avendo le particoncordemente verificato le misure e sull'acquisizione di sufficientemateriale fotografico, all'udienza pubblica del 23 settembre 2002 lacontroversia e' stata presa in decisione. Con sentenza n. 490/23/02, depositata il 21 ottobre 2002, notificata a curadella parte ricorrente all'Agenzia del Territorio, Ufficio di Roma, l'8novembre successivo, e al comune di Civitavecchia con raccomandata del 6novembre, la Commissione tributaria provinciale di Roma, Sezione n.23, inaccoglimento parziale dei ricorsi proposti dall'xxx S.p.A. contro l'Agenziadel Territorio e contro il comune di Civitavecchia, riteneva di dovereassumere i valori unitari ed i criteri di calcolo (a mq o a mc) dell'UTE edi determinare il valore della centrale Torre Valdaliga Sud in complessivelire 79.350.449.605, di cui lire 74.875.048.605 per i fabbricati e lire4.475.401.000 per le aree, e il valore della centrale Torre Valdaliga Nordin complessive lire 192.314.638.728, di cui lire 184.729.872.728 per ifabbricati e lire 7.584.766.000 per le aree. Applicando ai predetti valoriil tasso del 2%, la Commissione determinava quindi il valore catastale dellacentrale di Torre Valdaliga Sud in lire 1.587.008.992, pari ad euro819.621,74 e il valore catastale della centrale di Torre Valdaliga Nord inlire 3.846.292.775, pari ad euro 1.986.444,28. Conseguentemente, laCommissione dichiarava illegittimo l'avviso di liquidazione ICI del comunedi Civitavecchia per la parte eccedente l'imposta commisurata alle predetterendite catastali, riconoscendo legittima la richiesta del predetto Comunedi esigere sulla differenza tra imposta dichiarata e maggiore impostadefinita, oltre agli interessi, la maggiorazione del 20% di cui all'articolo11, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992. In via preliminare, la Commissione rigettava l'eccezione di nullita' degliimpugnati accertamenti per difetto di motivazione, rilevando che glielementi sui quali e' "caduta" la stima diretta dell'Ufficio,l'individuazione del bene nella sua tipologia e nella sua fisica consistenzaappaiono sufficienti a delimitare la materia del contendere ed a consentireal contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Nel merito, la Commissione osservava non esservi controversia tra le partiin ordine all'identita', alla fisica consistenza degli immobili e alla loroassegnazione alla categoria catastale D1, vertendo la controversia sullainclusione, nella valutazione, oltre ai corpi di fabbrica, anche deimacchinari ed in particolare delle turbine-alternatori, macchinarioconsiderato dall'Ufficio, a mente delle istruzioni della Direzione generaledel Catasto del 26 ottobre 1951, parte integrante dei due opifici, conriguardo ad una sua inamovibilita' "intesa tecnologicamente, e cioe'raggiunta a mezzo di tiranti, bulloni e blocchi di fondazione" ed inconsiderazione della diversa redditivita' degli opifici a seconda del tipodi produzione e del macchinario in essi installato. Al riguardo, laCommissione esprimeva a dubbio che le predette istruzioni, dettate in unsistema nel quale il reddito degli opifici industriali era soggetto adimposta di ricchezza mobile, quale elemento del complessivo reddito dicategoria B derivante dall'industria esercitata direttamente dalproprietario, possano essere di qualche utilita' per la soluzione delproblema nel diverso sistema attuale, nel quale la determinazione dellarendita catastale e' preordinata, tra l'altro, all'imposizione ICI, ai cuifini occorre avere riguardo al possesso di fabbricati (e non di opifici)".Secondo la Commissione, "ove si tratti di opificio, appare conforme allalogica del sistema distinguere il reddito fondiario, determinabile acatasto, da quello derivante dalla produzione industriale, cui l'immobilepure concorre" "Il macchinario non incorporato nell'edificio, la cuirimozione o sostituzione e' possibile senza alterare la struttura muraria,concorre certamente alla produzione industriale ed e' certamente partedell'opificio, ma non del fabbricato (articolo 4, legge 1249/1939); e'produttivo di reddito, ma non di reddito fondiario da determinare acatasto". Cio' stante, la Commissione ha ritenuto che "la connessionerelativamente stabile del macchinario all'edificio, non dando luogo adincorporazione non sia nella specie sufficiente perche' possa tenersi contodel loro valore e della loro redditivita' ai fini dell'attribuzione dellarendita catastale agli immobili de quibus". "Quanto al valore catastaledell'immobile, macchinari esclusi, soccorrono le deduzioni delle parti inrelazione alle misure delle aree e dei manufatti, sulle quali le partistesse concordano; e la comparazione tra i valori unitari indicatidall'Ufficio e quelli indicati dal consulente di parte xxx". "Un esame didettaglio dei prospetti formati a tale fine dalle stesse parti evidenzia chegli scostamenti dei valori unitari rispettivamente indicati sono nulli o dimodesta entita' per la maggior parte dei manufatti considerati. Per glialtri non sono stati offerti dalla ricorrente elementi concreti utili adinfirmare i valori unitari indicati dall'Ufficio". Con atto notificato all'xxx S.p.A., presso lo studio legale dell'avv. xxx,ed al comune di Civitavecchia, presso lo studio legale del prof. avv. xxx,il 2 gennaio 2003, depositato in Segreteria in pari data, l'Agenzia delTerritorio, Ufficio provinciale di Roma, ha impugnato la predetta sentenzaper le seguenti motivazioni. 1) La procedura DOCFA effettuata dall'xxx S.p.A. e' risultata carente siadelle aree di pertinenza sia dei macchinari in dotazione agli impianti; inoltre, le valutazioni unitarie per le singole porzioni ritenute inadeguatesono risultate di gran lunga inferiori ai prezzi di mercato esistenti permanufatti similari. 2) La rendita catastale degli opifici non e' riferibile solo ai muri eall'area, bensi' deve essere rapportata al complesso produttivo, comprensivodegli impianti, che non possono considerarsi quali semplici elementicollegati alla cosa principale da un mero rapporto pertinenziale, essendoinvece elementi essenziali del complesso industriale, il quale risultacostituito proprio dagli impianti necessari al suo funzionamento, che, purconservando la loro individualita' materiale, sono legati tra loro da unacomplementarieta' necessaria. La cosiddetta stima diretta implica unavalutazione caso per caso degli opifici, tenendo conto della lorocomplessiva conformazione, dell'estensione dell'area di pertinenza, nonche'delle infrastrutture connesse al fabbricato, quali i macchinali. "Unacentrale termoelettrica, privata degli impianti' necessari al suofunzionamento, cesserebbe ovviamente di essere tale ". L'Ufficio conclude chiedendo: - in via principale, che la Commissione voglia affermare la legittimita'delle rendite catastali nella misura indicata nella memoria del 4 settembre2002, rispettivamente di lire 25.080.000.000, per la centrale di TorreValdaliga Nord, e di lire 15.300.000.000, per la centrale di Torre ValdaligaSud; - in via istruttoria, laddove la Commissione non ritenesse di recepire ivalori indicati nella predetta memoria, di disporre un incontro tecnico conl'xxx S.p.A. allo scopo di determinare il giusto valore degli opifici incontestazione, comprensivi delle aree e degli impianti in essi contenuti; diordinare all'xxx, nell'ambito dei poteri di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n.546/1992, di depositare il prospetto informativo relativo all'ammissione aquotazione e all'offerta di pubblica vendita di azioni ordinarie, nonche'l'atto di conferimento, con i relativi allegati analitici, delle centrali afavore dell'xxx S.p.A. Con atto notificato all'xxx e all'Agenzia del Territorio l'11 dicembre 2002,depositato in Segreteria in pari data, anche il comune di Civitavecchia, inpersona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. xxx,dall'avv. xxxx e dall'avv. xxx, ha proposto appello avverso la predettasentenza, deducendone l'illegittimita' per i seguenti motivi. 1) Illegittimo ampliamento dell'oggetto del giudizio in violazione degliarticoli 18 e 24 del D.Lgs. n.546/1992, nonche' omessa pronuncia eviolazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciatodi cui all'articolo 112 c.p.c. L'eventuale integrazione dei motivi, la cui indicazione e' richiesta a penadi inammissibilita' del ricorso, e' ammessa solo si sia resa necessaria daldeposito, ad opera delle altre parti del processo o per ordine del giudice,di documenti non conosciuti anteriormente. Le controversie instauratedall'xxx presentano, quale unico motivo di impugnazione, l'illegittimita'degli atti attributivi delle rendite catastali per carenza assoluta dimotivazione, mentre solo con successive memorie l'xxx ha contestato ilmetodo valutativo adottato dall'UTE e, in particolare, alla non necessita'di valutare i cosiddetti impianti fissi. I giudici avrebbero dovutopronunciarsi solamente sull'unico motivo di impugnazione proposto dallaricorrente e dichiarare inammissibili gli ulteriori motivi, siccomerichiesto dall'Agenzia del Territorio e da esso Comune. 2) Omessa pronuncia e violazione dell'articolo 112 c.p.c. in mento alladedotta insindacabilita' delle vantazioni operate dall'UTE nel determinarele rendite catastali in contestazione. L'UTE, dopo avere valutato il valore del complesso industriale sulla base dideterminate regole tecniche, era vincolata ad attribuire la conseguenterendita catastale definitiva agli immobili in questione. Tale valutazione,rientrando tra le attivita' caratterizzate dalla discrezionalita' tecnica,deve ritenersi censurabile, in sede giurisdizionale, solo per vizimacroscopici attinenti a profili di illogicita' o di eccesso di potere. Pertanto, atteso che la procedura seguita per la determinazione degli attidi attribuzione delle rendite catastali in questione sono evidentementeesenti da qualunque vizio formale, da qualsivoglia errore o presupposto
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Intitolazione:CONTENZIOSO. INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO- RICORSO ALLA C.T.P. AppelloAtto spedito con plico in busta. Costituzione in giudizio.Inammissibilita'. Esclusione.
Massima:La nullita' delle notificazioni non puo' essere dichiarata tutte le volteche l'atto, malgrado l'irritualita' della notifica, sia venuto a conoscenzadel destinatario. Testo: SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il 29 dicembre 1997 l'xxx S.p.A, avvalendosi della procedura prevista dal DM 19 aprile 1994, n.701, con distinte dichiarazioni proponeva all'UTE diRoma l'attribuzione della rendita di lire 934.600.000 per l'immobile,centrale termoelettrica, sito in Civitavecchia, via Amelia Nord distinto alfoglio 7, n. 778 (Torre Valdaliga Sud) e l'attribuzione della rendita dilire 2.465.020.000 per l'immobile, centrale termoelettrica, sito inCivitavecchia, via Aurelia Nord, distinto al foglio 7, n. 791 e 793 (TorreValdaliga Nord). Con distinti avvisi notificati il 21 dicembre 1998 l'UTE ha rettificato lerendite proposte dall'xxx, determinandole in lire 13.513.809.000 per lacentrale di Torre Valdaliga Sud ed in lire 35.003.076.000 per quella diTorre Valdaliga Nord. L'xxx ha proposto ricorso avverso le due rettifiche, eccependone il difettodi motivazione e contestando nel merito la loro legittimita' e fondatezza,ed ha chiesto la sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati. L'UTE si e' ritualmente costituito insistendo sulla legittimita' deiclassamenti operati. Il 9 aprile 1999 il comune di Civitavecchia, a norma dell'articolo 11 delD.Lgs. 30 dicembre 1992 n.504, notificava all'xxx S.p.A. avviso diliquidazione dell'ICI 1998, esigendo il pagamento dell'imposta nella misurarisultante dai valori delle due centrali determinati dall'UTE (complessivelire 16.982.720.900, a fronte di lire 1.302.803.728 versate dalla societa'sulla base dei valori dichiarati), oltre alle sanzioni di legge e agliinteressi. L'xxx S.p.A. proponeva ricorso contro l'avviso di liquidazione, deducendonedifetto di motivazione e contestandone la legittimita' e il fondamento echiedeva la sospensione della sua esecuzione. Il comune di Civitavecchia, ritualmente costituitesi, ha chiesto la riunionedei procedimenti insistendo nella sua pretesa. Con decreto del 9 febbraio2000 il Presidente della Commissione tributaria provinciale di Roma, Sezionen.23, ha sospeso in via di urgenza l'esecuzione dell'avviso di liquidazioneimpugnato. Con ordinanza del 22 maggio 2000 la Commissione, riuniti i tre procedimentiper connessione sospendeva l'esecuzione degli atti impugnati nei limitidella meta' delle maggiori rendite attribuite dall'UTE, convalidando entrolo stesso limite l'esecuzione dell'avviso di liquidazione dell'ICI 1998. LaCommissione disponeva quindi consulenza tecnica sia per migliore descrizionedei beni sia per acquisire elementi di valutazione. Sono pero' insortedifficolta', non essendo possibile per i limiti tariffari vigenti, inrelazione alle dimensioni dei due complessi, ottenere la collaborazione diprofessionisti idonei. La Commissione, dopo un vano tentativo di superaretale ostacolo separando i procedimenti ai fini di un frazionamentodell'incarico peritale, revocava la precedente ordinanza, sollecitando lacollaborazione delle parti per un rilevamento concordato delle superfici edelle cubature e per l'acquisizione di elementi che consentissero unaverifica diretta da parte della commissione stessa. I tre procedimenti, venuta meno l'esigenza istruttoria che ne avevasuggerito la separazione venivano nuovamente riuniti. Avendo le particoncordemente verificato le misure e sull'acquisizione di sufficientemateriale fotografico, all'udienza pubblica del 23 settembre 2002 lacontroversia e' stata presa in decisione. Con sentenza n. 490/23/02, depositata il 21 ottobre 2002, notificata a curadella parte ricorrente all'Agenzia del Territorio, Ufficio di Roma, l'8novembre successivo, e al comune di Civitavecchia con raccomandata del 6novembre, la Commissione tributaria provinciale di Roma, Sezione n.23, inaccoglimento parziale dei ricorsi proposti dall'xxx S.p.A. contro l'Agenziadel Territorio e contro il comune di Civitavecchia, riteneva di dovereassumere i valori unitari ed i criteri di calcolo (a mq o a mc) dell'UTE edi determinare il valore della centrale Torre Valdaliga Sud in complessivelire 79.350.449.605, di cui lire 74.875.048.605 per i fabbricati e lire4.475.401.000 per le aree, e il valore della centrale Torre Valdaliga Nordin complessive lire 192.314.638.728, di cui lire 184.729.872.728 per ifabbricati e lire 7.584.766.000 per le aree. Applicando ai predetti valoriil tasso del 2%, la Commissione determinava quindi il valore catastale dellacentrale di Torre Valdaliga Sud in lire 1.587.008.992, pari ad euro819.621,74 e il valore catastale della centrale di Torre Valdaliga Nord inlire 3.846.292.775, pari ad euro 1.986.444,28. Conseguentemente, laCommissione dichiarava illegittimo l'avviso di liquidazione ICI del comunedi Civitavecchia per la parte eccedente l'imposta commisurata alle predetterendite catastali, riconoscendo legittima la richiesta del predetto Comunedi esigere sulla differenza tra imposta dichiarata e maggiore impostadefinita, oltre agli interessi, la maggiorazione del 20% di cui all'articolo11, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992. In via preliminare, la Commissione rigettava l'eccezione di nullita' degliimpugnati accertamenti per difetto di motivazione, rilevando che glielementi sui quali e' "caduta" la stima diretta dell'Ufficio,l'individuazione del bene nella sua tipologia e nella sua fisica consistenzaappaiono sufficienti a delimitare la materia del contendere ed a consentireal contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Nel merito, la Commissione osservava non esservi controversia tra le partiin ordine all'identita', alla fisica consistenza degli immobili e alla loroassegnazione alla categoria catastale D1, vertendo la controversia sullainclusione, nella valutazione, oltre ai corpi di fabbrica, anche deimacchinari ed in particolare delle turbine-alternatori, macchinarioconsiderato dall'Ufficio, a mente delle istruzioni della Direzione generaledel Catasto del 26 ottobre 1951, parte integrante dei due opifici, conriguardo ad una sua inamovibilita' "intesa tecnologicamente, e cioe'raggiunta a mezzo di tiranti, bulloni e blocchi di fondazione" ed inconsiderazione della diversa redditivita' degli opifici a seconda del tipodi produzione e del macchinario in essi installato. Al riguardo, laCommissione esprimeva a dubbio che le predette istruzioni, dettate in unsistema nel quale il reddito degli opifici industriali era soggetto adimposta di ricchezza mobile, quale elemento del complessivo reddito dicategoria B derivante dall'industria esercitata direttamente dalproprietario, possano essere di qualche utilita' per la soluzione delproblema nel diverso sistema attuale, nel quale la determinazione dellarendita catastale e' preordinata, tra l'altro, all'imposizione ICI, ai cuifini occorre avere riguardo al possesso di fabbricati (e non di opifici)".Secondo la Commissione, "ove si tratti di opificio, appare conforme allalogica del sistema distinguere il reddito fondiario, determinabile acatasto, da quello derivante dalla produzione industriale, cui l'immobilepure concorre" "Il macchinario non incorporato nell'edificio, la cuirimozione o sostituzione e' possibile senza alterare la struttura muraria,concorre certamente alla produzione industriale ed e' certamente partedell'opificio, ma non del fabbricato (articolo 4, legge 1249/1939); e'produttivo di reddito, ma non di reddito fondiario da determinare acatasto". Cio' stante, la Commissione ha ritenuto che "la connessionerelativamente stabile del macchinario all'edificio, non dando luogo adincorporazione non sia nella specie sufficiente perche' possa tenersi contodel loro valore e della loro redditivita' ai fini dell'attribuzione dellarendita catastale agli immobili de quibus". "Quanto al valore catastaledell'immobile, macchinari esclusi, soccorrono le deduzioni delle parti inrelazione alle misure delle aree e dei manufatti, sulle quali le partistesse concordano; e la comparazione tra i valori unitari indicatidall'Ufficio e quelli indicati dal consulente di parte xxx". "Un esame didettaglio dei prospetti formati a tale fine dalle stesse parti evidenzia chegli scostamenti dei valori unitari rispettivamente indicati sono nulli o dimodesta entita' per la maggior parte dei manufatti considerati. Per glialtri non sono stati offerti dalla ricorrente elementi concreti utili adinfirmare i valori unitari indicati dall'Ufficio". Con atto notificato all'xxx S.p.A., presso lo studio legale dell'avv. xxx,ed al comune di Civitavecchia, presso lo studio legale del prof. avv. xxx,il 2 gennaio 2003, depositato in Segreteria in pari data, l'Agenzia delTerritorio, Ufficio provinciale di Roma, ha impugnato la predetta sentenzaper le seguenti motivazioni. 1) La procedura DOCFA effettuata dall'xxx S.p.A. e' risultata carente siadelle aree di pertinenza sia dei macchinari in dotazione agli impianti; inoltre, le valutazioni unitarie per le singole porzioni ritenute inadeguatesono risultate di gran lunga inferiori ai prezzi di mercato esistenti permanufatti similari. 2) La rendita catastale degli opifici non e' riferibile solo ai muri eall'area, bensi' deve essere rapportata al complesso produttivo, comprensivodegli impianti, che non possono considerarsi quali semplici elementicollegati alla cosa principale da un mero rapporto pertinenziale, essendoinvece elementi essenziali del complesso industriale, il quale risultacostituito proprio dagli impianti necessari al suo funzionamento, che, purconservando la loro individualita' materiale, sono legati tra loro da unacomplementarieta' necessaria. La cosiddetta stima diretta implica unavalutazione caso per caso degli opifici, tenendo conto della lorocomplessiva conformazione, dell'estensione dell'area di pertinenza, nonche'delle infrastrutture connesse al fabbricato, quali i macchinali. "Unacentrale termoelettrica, privata degli impianti' necessari al suofunzionamento, cesserebbe ovviamente di essere tale ". L'Ufficio conclude chiedendo: - in via principale, che la Commissione voglia affermare la legittimita'delle rendite catastali nella misura indicata nella memoria del 4 settembre2002, rispettivamente di lire 25.080.000.000, per la centrale di TorreValdaliga Nord, e di lire 15.300.000.000, per la centrale di Torre ValdaligaSud; - in via istruttoria, laddove la Commissione non ritenesse di recepire ivalori indicati nella predetta memoria, di disporre un incontro tecnico conl'xxx S.p.A. allo scopo di determinare il giusto valore degli opifici incontestazione, comprensivi delle aree e degli impianti in essi contenuti; diordinare all'xxx, nell'ambito dei poteri di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n.546/1992, di depositare il prospetto informativo relativo all'ammissione aquotazione e all'offerta di pubblica vendita di azioni ordinarie, nonche'l'atto di conferimento, con i relativi allegati analitici, delle centrali afavore dell'xxx S.p.A. Con atto notificato all'xxx e all'Agenzia del Territorio l'11 dicembre 2002,depositato in Segreteria in pari data, anche il comune di Civitavecchia, inpersona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. xxx,dall'avv. xxxx e dall'avv. xxx, ha proposto appello avverso la predettasentenza, deducendone l'illegittimita' per i seguenti motivi. 1) Illegittimo ampliamento dell'oggetto del giudizio in violazione degliarticoli 18 e 24 del D.Lgs. n.546/1992, nonche' omessa pronuncia eviolazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciatodi cui all'articolo 112 c.p.c. L'eventuale integrazione dei motivi, la cui indicazione e' richiesta a penadi inammissibilita' del ricorso, e' ammessa solo si sia resa necessaria daldeposito, ad opera delle altre parti del processo o per ordine del giudice,di documenti non conosciuti anteriormente. Le controversie instauratedall'xxx presentano, quale unico motivo di impugnazione, l'illegittimita'degli atti attributivi delle rendite catastali per carenza assoluta dimotivazione, mentre solo con successive memorie l'xxx ha contestato ilmetodo valutativo adottato dall'UTE e, in particolare, alla non necessita'di valutare i cosiddetti impianti fissi. I giudici avrebbero dovutopronunciarsi solamente sull'unico motivo di impugnazione proposto dallaricorrente e dichiarare inammissibili gli ulteriori motivi, siccomerichiesto dall'Agenzia del Territorio e da esso Comune. 2) Omessa pronuncia e violazione dell'articolo 112 c.p.c. in mento alladedotta insindacabilita' delle vantazioni operate dall'UTE nel determinarele rendite catastali in contestazione. L'UTE, dopo avere valutato il valore del complesso industriale sulla base dideterminate regole tecniche, era vincolata ad attribuire la conseguenterendita catastale definitiva agli immobili in questione. Tale valutazione,rientrando tra le attivita' caratterizzate dalla discrezionalita' tecnica,deve ritenersi censurabile, in sede giurisdizionale, solo per vizimacroscopici attinenti a profili di illogicita' o di eccesso di potere. Pertanto, atteso che la procedura seguita per la determinazione degli attidi attribuzione delle rendite catastali in questione sono evidentementeesenti da qualunque vizio formale, da qualsivoglia errore o presuppostologico e che infine, non risultano adottate eccedendo i precisi poteriattribuiti all'UTE dalla legge, ne discende la piena legittimita' evalidita' dei conseguenti atti di attribuzione.

Giuseppe Debenedetto
00venerdì 29 ottobre 2004 16:04
Sto pensando di scrivere un libro sull'argomento.
lillo1
00venerdì 29 ottobre 2004 16:57
Re:

Scritto da: Giuseppe Debenedetto 29/10/2004 16.04
Sto pensando di scrivere un libro sull'argomento.




attendiamo fiduciosi... [SM=g27823]
clatemp
00lunedì 8 novembre 2004 16:04
questa non è male...



Commissione Tributaria Regionale Firenze, sez. IV, 29/6/2004 n. 13
ICI - Attribuzione di rendita catastale



SENTENZA

La ricorrente ……… impugnava gli avvisi di accertamento n. 1915, 1916, 1917, 1918 e 1919 relativi al pagamento dell’imposta ICI per gli anni dal 1994 al 1998, emessi dal Comune dell’Impruneta, notificati il 14.12.2001, e chiedeva l’illegittimità degli avvisi di accertamento e liquidazione dell’ICI impugnati, dichiarando che nulla era dovuto e che in ogni caso chiedeva di dichiarare illegittimo l’accertamento relativo all’anno 1994 in quanto notificato oltre il termine di decadenza previsto dalla legge.
La ricorrente esponeva che era proprietaria di una unità immobiliare in ............ ........Comune di Impruneta, per la quale nell’anno 1974 aveva presentato all’ Ufficio UTE di Firenze una variazione protocollata al n.- 2014, e che in mancanza dell’attribuzione della rendita catastale definitiva, aveva provveduto a pagare l’ICI sulla base di una rendita presunta di L. 1.261.000.
Successivamente, con lettera raccomandata ricevuta in data 10.7.2001, l’Agenzia del Territorio di Firenze notificò l’atto di classamento e di attribuzione della rendita catastale per L. 1.890.000, divenuta definitiva non essendo stata impugnata.
Conseguentemente il Comune dell’Impruneta aveva provveduto a riliquidare l’imposta ICI per gli anni dal 1994 al 1998, assumendo in riferimento la nuova rendita catastale, pretendendo il pagamento delle differenze risultanti.
Impugnando detti avvisi di accertamento, la ricorrente eccepiva la loro legittimità in qunto in contrasto con il disposto dell’art. 74 comma della legge 21.11.2000 n. 342, nel quale si stabiliva che a decorrere dal 1 gennaio 2000 gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione ai soggetti intestatari della partita.
Inoltre, per l’anno 1994 rilevava che l’atto era stato notificato oltre i termini di decadenza.
l’Ufficio presentava deduzioni scritte chiedendo la reiezione del ricorso.
La CTP di Firenze, sez. 8, con sentenza n. 35 del 13.3.2003, tenendo conto anche di altre decisioni allegate al ricorso, ha ritenuto legittime le eccezioni sollevate dalla parte ricorrente relativamente all’interpretazione da dare all’art. 74 comma 1 della L. 342/2000.
Precisa che la suddetta legge ha introdotto una nuova disciplina in materia di modalità di pubblicità degli atti di attribuzione delle rendite catastali, ma non ha voluto assolutamente incidere in modo restrittivo sugli effetti delle suddette rendite che rimangono, per converso, quelli normativamente previsti.
infatti nel suddetto articolo si fa riferimento all’efficacia degli atti attributivi o modificativi, ma non al loro effetto.
Contesta altresì, la violazione dell’art. 5 comma 4, primo periodo e dell’art. 11 comma 1, terzo periodo del D.lgs. 504/92, in quanto la diversa interpretazione fornita dalla Commissione nella sentenza impugnata, ha la conseguenza di esentare dal pagamento dell’imposta chiunque si trovi in attesa di assegnazione della rendita catastale ovvero di consentire, indirettamente allo stesso di determinarsi una rendita presunta, privando il Comune di recuperare la differenza di imposta per gli anni precedenti alla notifica della rendita definitiva assegnata dal Catasto.
Chiede la riforma della sentenza appellata, ritenere legittimi gli avvisi di accertamento/liquidazione dell’ICI, con vittoria di spese ed onorari.
Con successive memorie, l’appellante deposita alcune sentenze favorevoli alle tesi presentate in appello.
Ci sono le controdeduzioni della ricorrente che in via preliminare eccepisce l’inammissibilità dell’atto di appello perché proposto, in nome e per conto del Comune di Impruneta, da soggetto ex lege non legittimato, poiché l’art. 50 del D.lgs. 267/2000, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, circoscrive la rappresentanza legale e, quindi, la legittimazione processuale dell’ente in capo al Sindaco (in tal senso la sentenza 1949 del 10.2.2003 della Corte di Cassazione).
Nel merito contesta le lamentele presentate nell’atto di appello, insiste nelle eccezioni sollevate nel ricorso e chiede di respingere l’appello, confermare la sentenza impugnata, e per l’effetto accertare:
- in tesi: l’inammissibilità dell’appello per carenza di capacità e legittimità processuale dell’organo indicato in atti come rappresentante del Comune dell’Impruneta;
- in subordine: dichiarare illegittimi e comunque infondati gli avvisi di accertamento e liquidazione;
- in ipotesi: l’illegittimità dell’avviso di accertamento relativo all’anno 1994 per decadenza dei termini.
Con vittoria di spese ed onorari.
Con successiva memoria, la ricorrente ribadisce e meglio circostanziala formulata eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell’appello per la carente capacità e legittimità processuale dell’organo indicato in atti come rappresentante del Comune dell’Impruneta, allegando copia di alcune sentenze della Corte di Cassazione.
Con atto depositato il 16 gennaio 2004 il Comune dell’Impruneta chiede la discussione in pubblica udienza.
Il Comune di Impruneta con memorie depositate il 7 febbraio 2004, in via preliminare, eccepisce la tardività della costituzione in giudizio da parte della parte appellata in violazione del termine fissato dall’art. 23 in combinato disposto dell’art. 54 D.Lgs. 546/92, con la conseguenza di rendere inammissibili tutte le eccezioni ivi indicate, sia di merito che di rito.
Respinge le obiezioni di difetto di rappresentanza e conferma l’assoluta legittimità dell’avviso di accertamento per l’anno 1994, effettuato in applicazione della proroga prevista dall’art. 18 c. 4° L. 388/2000.
Chiede, in via preliminare, di dichiarare inammissibile l’atto di costituzione in giudizio; in via subordinata accogliere le difese svolte in ordine alla obiezione di difetto di rappresentanza, e in via principale la riforma dell’appellata sentenza. Con vittoria di spese ed onorari.
In data 19 febbraio 2004 questa Commissione rinviò la discussione del procedimento al 22 aprile 2004 poiché al contribuente non era stata notificata l’istanza di discussione i pubblica udienza.
Con ulteriori e successive memorie, il Comune di Impruneta, aggiunge che ferme le difese sollevate con l’appello e le precedenti memorie, eccepisce che l’eccezione di difetto di rappresentanza sollevate dalla S.g.ra Del Perugina, non è stata proposta nel giudizio di primo grado e pertanto non può essere sollevata nel giudizio di secondo grado.
Chiede la discussione in pubblica udienza.
Con atto depositato il 6 aprile 2004, il Comune di Impruneta segnala ed allega la sentenza n. 5463 del 17 marzo 2004 della Sezioni Riunite della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto in modo definitivo che ne processo tributario il sindaco può delegare la rappresentanza legale del Comune al funzionario responsabile dei servizio tributi.
Con ulteriore memoria depositata il 10 aprile 2004, parte ricorrente presenta altre memorie contestando l’eccezione sollevata dall’Ufficio relativamente alla tardività della costituzione in giudizio e conseguentemente alla richiesta di estromissione dal presente giudizio, e l’altra accezione fatta per difetto di rappresentanza in quanto non proposta nel giudizio di primo grado.
La Commissione, dopo aver respinto la pregiudiziale sollevata dal Comune dell’Impruneta sulla tardività della costituzione in giudizio della parte appellata, e conseguentemente autorizzatone la presenza i questa udienza, udito il relatore e i rappresentanti delle parte ritiene di accogliere l’appello del Comune.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In riferimento alla tardività della costituzione in giudizio della parte appellata, l’art. 23 del D.Lgs. 546/92 non prevede alcuna sanzione allorché tale atto venga depositato altre il termine previsto dal comma 1 (sessanta giorni). Tale norma è in equivoca nel senso della ordinatorietà dell’art. 54, comma2, del citato D.Lgs. per l’appello incidentale. Si osserva che la lettura sistematica di tale norma conduca soltanto a ritenere la costituzione tempestiva come una sicura garanzia di pienezza di difesa, oltre che di speditezza del processo (circ. ministeriale n. 98/E). Si respinge pertanto l’accezione sollevata dall’appellante.
E’ di respingere anche l’eccezione sollevata in riferimento al difetto di rappresentanza sollevata dalla parte appellata, in quanto proposta in questo grado di giudizio e non in quello di primo grado.
Si ritiene che tale eccezione non abbia fondamento poiché, come ha fatto presente la controparte, tale eccezione investe l’atto di appello, e non si comprende come avrebbe potuto essere sollevata nel giudizio di primo grado. Su questa eccezione la rappresentante del Comune, in udienza, si è detta remissiva.
Quindi, una volta respinta la pregiudiziale di inammissibilità per nuovi motivi, c’è da valutare se l’eccezione sollevata dalla Sig.ra _____ ha o meno validi motivi.
Ebbene, a nostro parere, la richiesta di inammissibilità dell’appello interposto per carenza di capacità e legittimazione processuale dell’organo indicato in atti come rappresentante del Comune dell’Impruneta è da respingere.
Come ha stabilito la Corte di Cassazione a Sezioni unite, con la recente ordinanza 5463 del 17 marzo 2004, e sentenza 17360 del 17 novembre 203, nel processo tributario il sindaco, e non i dirigenti dell’ente, può delegare la rappresentanza legale del Comune al funzionario responsabile del servizio tributi.
L’art. 50 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, dopo aver indicato, al primo comma, che gli organi responsabili dell’amministrazione sono rispettivamente il sindaco e i presidente della provincia, al secondo comma attribuisce ai suddetti la rappresentanza dell’ente del quale ciascuno è organo.
Questa norma, identica nei contenuti ai primi due commi dell’art. 36 L. 142/1990, non racchiude nel suo testo nessuna limitazione di rappresentanza, per cui quella riferita “dell’Amministrazione” non deve essere limitata ai soli aspetti istituzionali ma investe tutta la sfera dell’attività, politica e amministrativa, del sindaco e del presidente della provincia: in ciascuno di tali organi deve essere individuato il capo della relativa amministrazione.
Nelle sopra citate sentenze si fa presente che nei processi tributari il sindaco può affidare la rappresentanza legale del Comune al funzionario responsabile del servizio tributi, viene confermato che la rappresentanza legale spetta al sindaco e non ai dirigenti dell’ente e che nello statuto devono essere stabilite le norme di organizzazione, le attribuzioni , e i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio.
Con la pronuncia delle Sezioni unite, viene chiarito che ai dipendenti dell’ente, al quale viene affidata la responsabilità della direzione degli uffici e dei servizi, spetta anche la “gestione sostanziale di rapporti con i terzi in nome e per conto dell’amministrazione, così da legittimare la delega della correlata, rappresentanza processuale, da parte del sindaco, quale titolare per legge della medesima”.
Dalla lettura dei documenti degli atti si constata che il Comune dell’Impruneta, in applicazione e rispetto dell’art. 50, comma 2, del D.Lgs. 267/2000, dell’art. 40, comma2, dello Statuto, dispone che il Sindaco ha la funzione di : “rappresentare in giudizio il Comune senza necessità di speciale autorizzazione ….”, quindi senza nessuna possibilità di derogare alle disposizioni di legge.
Con decreto 172 del 29.9.2003 il Sindaco, quale titolare dei poteri di rappresentanza in giudizio e dell’art. 50 sopra citato e dall’art. 40 dello Statuto comunale, ha disposto “di delegare la rappresentanza dell’ente nel giudizio di primo e secondo grado nonché nel giudizio fallimentare per il “recupero dei crediti tributari, al Dirigente del Servizio Gestione Risorse Economiche Dott. Vincenzo Ignesti a tal fine conferendogli il potere di stare in giudizio in nome e per conto del Comune”.
In ragione di quanto sopra, visto che gli atti in appello sono stati sottoscritti dal Dirigente delegato dal Sindaco,,il quale, quest’ultimo, nella piena discrezionalità della funzione conferitagli dall’art. 40 dello Statuto Comunale, ha ritenuto di delegare la rappresentanza al suddetto Dirigente e che tale comportamento è legittimato anche dalla sentenze della Corte di Cassazione sopra citate.
La Commissione ritiene di respingere l’eccezione presentata dalla parte appellata.
Perciò le eccezioni dell’appellante e della pare appellata sono respinte.

Entrando nel merito della questione si ritengono valide le osservazioni presentate nell’atto di appello.
L’art. 74, comma 1, del cosiddetto “Collegato fiscale 2000” (legge 21.11.2000 n. 342), sulle attribuzioni delle rendite catastali, sta creando numerosi problemi interpretativi poiché sulla materia la giurisprudenza non è univoca.
E’ nostra convinzione che il citato art. 74 al comma 1, nello stabilire che del 1.1.2000 “gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione….” Vuol dire che l’attribuzione o modificazione di rendita catastale finchè non viene notificata, non è suscettibile di produrre sanzioni ed interessi a seguito di liquidazione e/o accertamento, in quanto atto “inesistente”.
La ratio della disposizione testè riportata è evidente.
Nel passato, anche recente, era accaduto che gli interessati non venissero a conoscenza della rendita attribuita a un loro bene perché resa pubblica attraverso strumenti di conoscenza collettiva, o non la conoscessero indirettamente attraverso la notificazione di un atto di accertamento fiscale.
Oggi non è più possibile perché la rendita va portata a diretta conoscenza dell’interessato mediante la notificazione individuale e personale.
In buona sostanza il sistema acquista una indubbia e dovuta trasparenza: il destinatario dopo la notifica degli atti, può assumere le decisioni più confacenti alla tutela dei propri interessi.
Questa conclusione non incide, però sul diritto-dovere dei Comuni all’accertamento dei tributi dovuti e in particolare dell’ICI, come disposto dall’art. 11 del D.lgs. 504/92.
Non a caso l’art. 74 prevede che dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno comunicazione ai Comuni interessati, i quali devono provvedere all’accertamento.
E’ ovvio che una norma (art. 74) dettata per rendere trasparente il rapporto con il contribuente non può incidere, neppure indirettamente, sul diritto dell’ente impositore a pretendere i propri tributi.
Ciò è reso palese dall’art. 18 della legge 388 del 23 dicembre 2000, emanata successivamente all’art. 74, sopra citato, del novembre 2000.
Il legislatore nel dicembre, in piena conoscenza di quanto dettato nel novembre, statuisce, infatti che: in deroga alle disposizioni previste dall’art. 3 della legge 212/2000 (statuto del contribuente) concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, il termine per la liquidazione e l’accertamento dell’ICI, scaduto al 31 dicembre 2000 limitatamente alle annualità di imposta 1995 e successive, e il termine per l’attività di liquidazione a seguito di attribuzione di rendita da parte dell’UTE contenente, di cui all’art. 11, primo comma, ultimo periodo, del D.lgs. 504/92 per le annualità 1994 e successive, è prorogato al 31 dicembre 2001.
Il legislatore sa che, fino a quando la rendita non è notificata all’interessato, essa non è efficace, ma vuole anche che, una volta nota, essa possa essere assunta a base imponibile di una nuova liquidazione e perciò proroga i termini per la liquidazione delle eventuali annualità pregresse.
Diverso è il discorso sulle sanzioni e interessi perché nessuna violazione può essere imputata al contribuente che abbia versato il tributo in base a quanto dichiarato, e che acquisisce conoscenza della rendita attribuita con la notifica dell’accertamento o liquidazione dell’imposta.
Avvalora questa nostra tesi, oltre a circolari ministeriali e molteplici decisioni giurisprudenziali, anche il parere espresso dall’ufficio legale della Confedilizia in apposito vademecum.
Pertanto, per le ragioni sopra dette. Riteniamo legittimi gli accertamenti notificati dal Comune dell’Impruneta.
Si ritiene, vista la materia del contendere, che ci siano giusti motivi per compensare le spese tra le parti.

P.Q.M.

Accoglie l’appello del Comune. Spese Compensate.
giandan
00lunedì 8 novembre 2004 16:07
Re:

Scritto da: clatemp 08/11/2004 16.04
questa non è male...




Bentornatoooooo!
clatemp
00lunedì 8 novembre 2004 22:48
ehm...vi sono mancato??[SM=g27822]
Giuseppe Debenedetto
00sabato 13 novembre 2004 09:25
Sull'obbligo di notificare gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali (art. 74 L. 342/2000), per quanto mi risulta si sono sostanzialmente sviluppati i seguenti orientamenti giurisprudenziali:
1) per l'illegittimità degli avvisi di recupero ICI non preceduti dalla notifica della rendita catastale;
2) a favore della retroattività della rendita; occorre tuttavia distinguere: 2A) l'orientamento che ritiene legittimi gli avvisi di accertamento anche se la rendita non è stata notificata, ovvero è stata notificata contestualmente all’avviso di accertamento; 2B) l'indirizzo secondo cui per effetto della nuova determinazione della rendita catastale non viene cancellato il diritto dell’ente a pretendere la maggiore imposta per il periodo precedente la notificazione.
Ciò posto, inviterei a citare riferimenti giurisprudenziali massimati (magari con la possibilità di collegarsi al testo integrale della sentenza) e di collocarli in uno degli orientamenti sopra indicati, eventualmente aggiungedovene altri.
Avremo così una panoramica pressochè completa sull'evoluzione giurisprudenziale di una tra le questioni più controverse sull'ICI.
clatemp
00lunedì 15 novembre 2004 14:55
ottima idea giuseppe!
clatemp
00giovedì 2 dicembre 2004 18:27
ma che roba complicata...fammi un esempio giuseppe, lo sai che io non sono un homo-tecnologicus
Giuseppe Debenedetto
00giovedì 2 dicembre 2004 21:31
Non capisco se l'idea è "ottima" oppure se è "complicata". Sarà l'effetto del tuo sdoppiamento ?
marco panaro
00giovedì 2 dicembre 2004 22:39
Re:

Scritto da: Giuseppe Debenedetto 02/12/2004 21.31
Non capisco se l'idea è "ottima" oppure se è "complicata". Sarà l'effetto del tuo sdoppiamento ?


[SM=g27827]
lillo1
00lunedì 7 luglio 2008 22:43
la cosa era così complicata che ha spento gli entusiasmi.

posto questa sentenza che ho trovato stasera, che mi pare interessante, anche se ho difficoltà a inquadrarla in uno degli orientamenti proposti da debeppe.
(ah, dimenticavo. non sono capace a fare il link...)

Data: 05/06/2008 Sentenza n. 14884 - Corte di Cassazione, Sez. Tributaria

Oggetto: ICI - Immobili non dichiarati ma dei quali è stata chiesta all'UTE l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita - Si esercita il potere di accertamento e liquidazione da parte del Comune

(...)
6.1.- Soggetto passivo dell'imposta comunale sugli immobili siti nel territorio dello Stato e' il proprietario di essi (o titolare di altro diritto reale sui medesimi), anche se non iscritti in catasto e mancanti di rendita catastale; in quest'ultimo caso, essendo l'imposta comunque dovuta, il valore dell'immobile, costituente la base imponibile dell'ICI, e' determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari gia' iscritti (Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 1, comma 2; articolo 3, comma 1; articolo 5, comma 4).

6.2.- Cio' significa che l'obbligo di dichiarare al comune gl'immobili posseduti e di versare l'imposta (articolo 10 successivo, comma 4 e 2) sussiste, a prescindere dal fatto che sia stata chiesta ed ottenuta l'iscrizione delle nuove unita' in catasto e la correlativa attribuzione di rendita. In caso di omessa dichiarazione, e di conseguente omesso versamento dell'imposta, il comune emette avviso di accertamento e liquidazione, nei tempi stabiliti dall'articolo 11, comma 2, u.p., citato Decreto Legislativo (e successive modifiche).
Pertanto i ricorrenti avrebbero dovuto dichiarare al comune, ai fini dell'applicazione dell'ICI a partire dal 1993 (anno d'istituzione dell'imposta), le nuove unita' immobiliari, gia' denunziate all'UTE il 28.3.1985 per il classamento e l'attribuzione di rendita.

6.3.- La norma della Legge n. 342 del 2000 articolo 74 laddove stabilisce che, "A decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione ..." (comma 1), non trova applicazione nel caso di specie, in cui non si tratta di stabilire se era stata pagata, in via "presuntiva", un'imposta minore o maggiore di quella risultante dalla rendita poi attribuita, bensi' di recuperare, da parte del comune, il tributo dovuto, e del tutto non pagato, ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992 articolo 11 comma 2, u.p..

6.4. - In conclusione, nel caso di specie, trattandosi d'immobili non dichiarati affatto ai fini dell'ICI, ma dei quali era stata soltanto chiesta all'UTE l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita, il potere di accertamento e liquidazione da parte del comune si esercita, anche a prescindere dall'avvenuta attribuzione della rendita, ai sensi della norma da ultimo citata, e l'imposta relativa alle annualita' pregresse e' recuperata nei limiti consentiti dalla medesima disposizione e successive modifiche.
La sopravvenuta notifica del provvedimento attributivo della rendita non ha, in tal caso, alcuna efficacia interdittiva del potere del comune di recuperare le annualita' d'imposta pregresse, a prescindere dalla circostanza che detta notifica sia effettuata in epoca successiva o precedente al 1.1.2000 (articolo 74, cit., comma 1, 2 e 3), dal momento che queste disposizioni - non interpretabili come garanzia d'impunita' in caso di totale evasione dell'imposta - regolano la possibilita' di ricalcolo del tributo, di applicazione di sanzioni ed interessi e di liquidazione della maggiore imposta derivante dalla rendita attribuita, rispetto a quella pagata in base al valore presunto dell'immobile (Decreto Legislativo n. 504 del 1992 articolo 11 comma 1) : ipotesi evidentemente diversa da quella, ricorrente nella presente controversia, in cui sia stato del tutto omesso il pagamento dell'ICI.
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