costituzione comitato

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lillo1
00lunedì 9 febbraio 2004 14:28
una questione per i notai e gli aspiranti (ma si accettano anche i suggerimenti di tutti gli altri)

Il comune (comunello) è stato individuato da una federazione sportiva quale sito per la localizzazione dei campionati italiani di un certo sport.
Viste le modeste dimensioni dell’ente, che non dispone di un ufficio apposito per l’organizzazione di manifestazioni, e data anche la portata organizzativa ed economica dell’evento, l’amministrazione pensava di dare vita ad un “comitato” ad hoc, di cui farebbero parte il comune, la comunità montana, altri enti pubblici, associazioni ecc.. con il fine specifico di raccogliere i fondi necessari (contributi e sponsorizzazioni) ed occuparsi dell’organizzazione.
Un commercialista che ha fatto un primo studio sul problema, ci dice che “il comitato è un’organizzazione volontaria di tipo associativo, composta da soggetti che promuovono una raccolta pubblica di fondi al fine di raggiungere uno scopo di carattere sociale, non lucrativo”. Da quanto mi pare di capire, si tratta quindi di una forma di “associazione”.
Le domande:
- si applicano le norme del codice civile in materia di associazioni?
- Quali sono gli adempimenti che devono essere effettuati per la sua costituzione?
- Qualora si voglia ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, quali atti devono essere fatti?

per adesso mi fermo qui. se la cosa dovesse andare avanti, credo che seguiranno molte altre domande...




Arcam
00lunedì 9 febbraio 2004 15:01
Perchè non tentare anche con la normativa sugli sponsor ?
Vedi che oltre alle norme di carattere generale sulle sponsorizzazioni,(adesso non ho i riferimenti precisi e la documentazione di supporto)è stta introdotta apposita normativa nell'ambito dei lavori pubblici L.166.
Realizzazioni di manufatti in cambio di ...

lillo1
00lunedì 9 febbraio 2004 15:12
posso controllare se la cosa puà essere attinente. ma il problema non è tanto la realizzazione di infrastrutture, quanto la gestione degli aspetti organizzativi e finzniari connessi alla manifestazione ed agli eventi collaterali...
Clubi
00lunedì 9 febbraio 2004 15:23
Ti incollo parte della disciplina sui comitati in: Elementi strutturali di diritto civile (not. Daniele Minussi):
COMITATI

Può accadere che si raccolgano fondi al fine di promuovere iniziative di soccorso, di beneficenza, di promozione d'opere pubbliche (monumenti, esposizioni, festeggiamenti, ecc.: art. 39 cod.civ.). Il comitato è appunto il gruppo dei soggetti che si propongono di raccogliere fondi nelle menzionate occasioni. Ad esso è possibile si dia vita senza formalità, anche verbalmente o per fatti concludentinota1.

La normativa che il codice civile prevede in tema di comitato è complementare rispetto a quella dettata per la fondazione. Le stesse finalità ideali possono infatti esser perseguite o in modo informale, avvalendosi dell'agile struttura del comitato, oppure mediante la costituzione di una persona giuridica, dovendosi applicare le assai più stringenti e dettagliate norme specificamente dettate per essa. Secondo un'opinionenota2 il comitato sarebbe una sorta di fattispecie in qualche misura anticipatrice della fondazione, una fondazione non riconosciuta.

Dando vita al comitato alcuni soggetti coordinano attività e sostanze formulando un programma che viene proposto al pubblico, nei cui confronti vengono sollecitate contribuzioni. Esse sono funzionali al raggiungimento dello scopo prefissato. Una volta esaurito il programma il comitato si scioglie, a meno che la finalità non venga istituzionalizzata come fondazione.

Manca una definizione normativa del comitato. A tal fine si può genericamente riferire che lo scopo perseguito deve essere altruistico.



DIFFERENZA RISPETTO AD ASSOCIAZIONE E FONDAZIONE

E' possibile brevemente tracciare un quadro degli elementi che accomunano e differenziano le figure dell'associazione, della fondazione, del comitato.

Dal punto di vista del fenomeno costitutivo si può anzitutto osservare che l'atto costitutivo di comitato può essere qualificato come contratto plurilaterale, analogamente a quanto è riferibile per l'associazione. L'atto che dà vita ad una fondazione possiede invece sempre una struttura unilaterale quand'anche si riscontrasse una pluralità di fondatori. Non a caso il fenomeno del comitato viene avvicinato, almeno per quanto concerne il momento iniziale, a quello dell'associazione

Non risultano tuttavia necessari, a differenza di quanto accade per l'associazione, apporti di carattere personale. Anche nell'ipotesi in cui i promotori aprissero le sottoscrizioni versando essi stessi delle somme, queste ultime non potrebbero mai essere qualificate come apporti o conferimenti, stante la destinazione di essi. Sotto questo aspetto i promotori si collocherebbero sullo stesso piano dei sottoscrittori, assumendo parallelamente questa qualità.

Ulteriore differenza rispetto all'associazione non riconosciuta si riscontra a proposito di responsabilità patrimoniale: mentre nell'associazione risponde delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi chi ha agito in nome e per conto dell'ente (art. 38 cod.civ.), nel comitato sono invece illimitatamente e solidalmente responsabili tutti i componenti (art. 41 cod.civ.). Si ritiene che una analoga conclusione valga anche in tema di illecito aquiliano.



Come distinguere il comitato dall'associazione non riconosciuta ? La risposta non può far leva sull'elemento della durata: un'associazione non riconosciuta potrebbe infatti prefiggersi scopo temporaneonota3. Neppure sarebbe soddisfacente far riferimento alla modalità di formazione del patrimonio, che nel comitato avviene per pubblica sottoscrizione (analogamente a quanto può avvenire per le società per azioni: cfr. l'art. 2333 cod.civ.), poichè egualmente si potrebbero comportare anche gli associati. Decisiva è a tal fine la considerazione della struttura dell'interesse perseguito. Mentre nell'associazione si tratta di interessi propri degli associati, ancorchè idealmente orientati, nei comitati si persegue esclusivamente l'interesse altrui. Questo spiega perchè mentre gli associati possono mutare la destinazione dei fondi, un'analoga decisione non possono assumere i promotori.Occorre tuttavia osservare che non risulta indispensabile la raccolta fondi per pubblica sottoscrizione, riconoscendosi la possibilità che i promotori utilizzino anche soltanto apporti propri.

Da notare, quale ulteriore elemento di differenziazione tra associazione e comitato, è l'ambito chiuso di quest'ultimo, limitato cioè ai promotori, in opposizione alla struttura aperta propria dell'associazione nota4. Questa considerazione è in grado di giustificare la previsione dell'art. 41 cod.civ. relativa alla responsabilità illimitata per tutti i componenti del comitato, in antitesi rispetto alla prescrizione di cui all'art. 38 cod.civ. ai sensi del quale delle obbligazioni dell'associazione non risponde qualsiasi associato, bensì soltanto chi abbia agito in nome e per conto dell'ente.

Con riferimento alla natura giuridica del comitato si ripropone la stessa dicotomia tra chi privilegia l'aspetto soggettivo (schema associativo) e chi l'aspetto oggettivo (patrimoniale con scopo) assimilandolo alla fondazionenota5. V'è in dottrina chi ha distinto due momenti: nel primo prevarrebbe il momento associativo (affidato ai promotori), nel secondo, una volta intervenuta la raccolta dei fondi, assumerebbe maggiore importanza l'aspetto patrimoniale, analogo a quello della fondazionenota6.

Secondo un'opinionenota7, il comitato darebbe vita alla costituzione progressiva di una fondazione costituita dalla pluralità degli oblatori. Nella prima fase i promotori stringono un contratto associativo di comitato, in cui si assumono l'impegno di diffondere un programma di opera di interesse generale al pubblico. Nella seconda fase, formato il patrimonio, compaiono gli organizzatori che provvedono alla destinazione allo scopo delle attività raccolte, rispondendone quasi rivestissero la qualifica di amministratori di una fondazione.Si badi che, in ogni caso, la componente soggettiva del comitato può variare nel corso del tempo (Cass. Civ. Sez. I, 6032/94 ).

Il comitato è disciplinato in maniera assai succinta dal codice civile mediante quattro norme soltanto (artt. 39 , 40 , 41 e 42 cod.civ.) che si preoccupano di stabilire le regole di responsabilità degli organizzatori e dei componenti per la conservazione e destinazione dei fondi raccolti. L'art.41 cod.civ. contempla l'eventualità che il comitato consegua il riconoscimento, così divenendo fondazione (Cass. Civ. Sez. I, 4902/77 )nota8. Fino a tale momento i componenti risponderanno illimitatamente delle obbligazioni contratte; successivamente vi farà fronte la persona giuridica (Cass. Civ., 495/71 ).




Clubi
00lunedì 9 febbraio 2004 15:25
PROMOTORI ED ORGANIZZATORI: LA RESPONSABILITA' PATRIMONIALE

Al comitato fa difetto tanto la personalità giuridica, quanto una perfetta autonomia patrimoniale. Non dovrebbe invece dubitarsi del fatto che esso sia dotato di un proprio compendio patrimoniale (in un certo senso almeno assimilabile al fondo comune proprio dell'associazione non riconosciuta: cfr. l'art. 37 cod.civ.), anche se il tenore letterale dell'art.41 cod.civ. non incoraggia questa conclusione. Al riguardo è il caso di verificare il dato afferente alla responsabilità per le obbligazioni contratte ed alla rappresentanza nei rapporti coi terzi.

La responsabilità ha a che fare ad un tempo con le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi e con la conservazione dei fondi raccolti e la loro erogazione allo scopo annunciato.

Con riferimento al grado di consistenza dell'autonomia patrimoniale la disciplina del codice prevede che:

gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi sono responsabili, personalmente e solidalmente fra loro, della conservazione ed erogazione secondo lo scopo dei fondi medesimi (art. 40 cod.civ.). Questa responsabilità si pone evidentemente nei confronti di chi ha provveduto ad erogare le somme;
la responsabilità per le obbligazioni assunte nei riguardi dei terzi è personale e solidale fra tutti i suoi componenti (art. 41 cod.civ.). Ciò significa che, a differenza di quanto accade in tema di associazione non riconosciuta, non risponde soltanto chi ha agito in nome e per conto dell'ente, bensì tutti i componenti del comitato (vale a dire promotori o organizzatori, non ovviamente gli oblatori: Cass. Civ. Sez. III, 134/82 )nota1.
i sottoscrittori sono tenuti solamente all'effettuazione delle oblazioni promesse (art. 41 cod.civ.).
La consistenza dell'autonomia patrimoniale in tema di comitati risulta invero assolutamente peculiare: non esiste infatti nessuna limitazione di responsabilità per promotori e organizzatori, i quali sono sempre illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni contratte dal comitato. Con tutta evidenza non è vero tuttavia l'inverso: i beni e le attività del comitato non rispondono in nessun caso dei debiti personali dei promotori o degli organizzatori. Una volta perfezionato l'atto di oblazione, neppure i creditori degli oblatori potranno far valere i loro diritti sui beni che ne sono l'oggetto, se non nei limiti dei rimedi ordinari (azione revocatoria: art.2901 cod.civ. ). Rimane da aggiungere come, ai sensi delle norme in considerazione, non sia assolutamente chiaro se la responsabilità di promotori e organizzatori sia sussidiaria o meno. Il promotore che fa fronte all'obbligazione contratta nell'interesse del comitato adempie ad un'obbligazione propria o altrui? Probabilmente il modo di disporre dell'art.41 cod.civ. si deve all'evoluazione dottrinale del tempo di emanazione del codice civile, essendo parso ai compilatori che il comitato potesse raggiungere una propria autonomia patrimoniale soltanto una volta conseguito il riconoscimento quale fondazione.

La destinazione al comitato, pur in difetto di personalità giuridica da comunue vita ad un vincolo reale di destinazione dei fondi, vincolo che si concreta nella inaggredibilità di essi sia da parte dei creditori personali degli organizzatori, sia da parte dei creditori degli oblatori.

Si deve infine ritenere che, qualora il comitato svolga attività economica organizzata professionalmente, seppure funzionale allo scopo che persegue, esso sia soggetto a fallimento, estensibile alla persona degli organizzatori nota2.

Anche al comitato è stata riconosciuta dalla legge la capacità processuale: esso infatti può stare in giudizio nella persona del presidente (art. 41 cod.civ.).
LE OBLAZIONI

Il comitato persegue la formazione di fondi destinati ad uno scopo specifico. Tali attività vengono costituite con le contribuzioni dei singoli. Si tratta per lo più di elargizioni aventi ad oggetto beni mobili di modico valore, modeste somme di denaro che vengono qualificate quali donazioni manuali, le quali, come è noto, si perfezionano tramite la mera traditio materiale di quanto ne è l'oggetto (art. 783 cod.civ. ). Esse non sarebbero pertanto soggette alla forma dell'atto pubblico normalmente richiesta per la liberalità donativa (art. 782 cod.civ.).

Questa opinione nota1 è difficilmente condivisibile. Sembra infatti più appropriato configurare il negozio di oblazione come atto consensuale che si perfeziona al momento della sottoscrizione e non come attribuzione che richiede la traditio materialenota2. La differenza non è di poco conto: configurando il negozio di oblazione come atto consensuale diventa possibile considerare coercibile la promessa effettuata da un sottoscrittore. Si badi che questa possibilità è prevista dall'art. 41 cod.civ. ai sensi del quale espressamente si dispone che i sottoscrittori siano tenuti ad effettuare le oblazioni promesse. Qualora si trattasse di donazioni di modico valore sarebbe, al contrario, esclusa qualsiasi vincolatività di una semplice promessa di oblazione. Il contratto preliminare di donazione, come è noto, è infatti considerato nullo sulla scorta dell'incompatibilità tra animus donandi e coercibilità dell'impegno che scaturisce dal vincolo preliminare (Cass. Civ. Sez. II, 3315/79 ). Si veda a questo riguardo anche l'art. 771 cod.civ. che prescrive la nullità della donazione avente ad oggetto beni futuri nota3.

Secondo un'opnione nota4 si tratterebbe di una donazione modale o fiduciaria: i donatari potrebbero infatti disporre delle oblazioni soltanto in conformità dello scopo annunziato. Altri ancora nota5 configurano l'oblazione come donazione pura e semplice avente per oggetto beni destinati ad un patrimonio di scopo: l'obbligo non è estrinseco rispetto al patrimonio, ma immanente. La distinzione è importante: se si trattasse di donazione modale, ex art. 793 II°, III° comma cod.civ., sarebbe possibile chiedere da parte del donante l'esecuzione coattiva del modus.





lillo1
00lunedì 9 febbraio 2004 15:58
grazie Clubi. il tempo di leggere e "digerire" il tutto. e poi arriverò sicuramente ocn altre domande...
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