La distruzione (personale) della logica [Spot Stivi x WoG]

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
stivi handler
00martedì 23 ottobre 2007 00:35
La distruzione (personale) della logica.

“Corsivo tra virgolette: citazioni dal testo ‘La costruzione sociale della logica’, Giuseppe Gangemi, Giuffrè Editore, 2002.”
Grassetto: natura attuale della mente di Stivi.
Retrospettiva dell’uccisione di Hugh Perenzio.
Delirio mentale di Stivi subito dopo l’omicidio di HP


“Per soggettività in senso stretto va inteso l’insieme di bisogni, motivazioni, stati d’animo, motivazioni ideali o pratiche, etc.”
(G. Gangemi, La costruzione sociale della Logica, Cap I, pag. 45)


Quando c’è un buco nella mente.
Nella terra di nessuno di una psiche sconvolta, si muove la caduta degli stimoli. Gli dei che cadono dal cielo sono pura feccia: Amore, Odio, Idealità, Assoluto. Nella tua mente, tutto è memoria. Amore stanzia in una camera d’hotel, da qualche parte in questa fredda New York, facendosi pagare la sua effimera prestazione e la sua ipocrita dichiarazione di presenza. Stava da qualche parte alla sinistra del petto, una volta, – e nella serenità del cervello, e laggiù all’interno dello stomaco, dove è più difficile vederlo – ricordi, ragazzo? Ricordi, ora che vaghi? Adesso, Amore è un dio che ti piange, perchè riconosce la tua disperazione, disperso in una città fatta di ferro e cemento e catrame. Fatta del tuo stesso freddo interiore. L’hanno visto muoversi, divinità senza scampo, con abiti imbrattati di lercio abbandono, il volto una ruga. Non ci sarà lifting a richiamarlo al suo splendore, il volto di un bambino speranzoso ma a volte volubile, presente in tutto e sfuggente nel nulla. Ora non si illude e non illude più. Non crea e non distrugge: né estasi, né dramma. E adesso, Amore, spodestato dall’Olimpo della tua mente, veste di grigia perdizione, capace solo di meccanica rappresentazione di sé, come se tutto e niente si fossero fuso; e sta in attesa della collisione di materia e antimateria, che sarà causa della sua completa estinzione.


Stivi camminava lungo la strada.
Il momento della resa dei conti stava dunque giungendo. Melody e se stesso potevano essere vendicati. Cominciava a percepire il disgusto per ciò che era diventato, perchè sentiva che la sua natura d’uomo era stata avvelenata da Perenzio. Tutto ciò che gli era capitato, era stato causato da quel mafioso, e adesso si sentiva lercio, imbufalito per questo, pronto a gettare il mondo nella merda e soffocarlo, se fosse stato sufficiente per togliersi il lerciume che aveva dentro. Aveva atteso forse troppo per quella consapevolezza, ma adesso ogni mossa non poteva più essere rimandata. Negli ultimi tempi, aveva perso la rabbia. Non era la paura, non lo era mai stata, a frenarlo negli ultimi tempi. Semplicemente, aveva smesso di odiare. Laddove avrebbe dovuto trovare furia, aveva invece scoperto distrazione. Si era messo all’opera in progetti che non servivano a nulla, pura feccia. Aveva cercato una donna che lo accompagnasse, ma aveva fallito e se ne era reso conto quando gli era capitato di incontrare Clarissa; non c’era donna per lui, non ora. Aveva portato se stesso in Amazzonia, convinto di vivere nel suo habitat naturale, ma ne aveva trovato solo la mano dell’uomo che avanzava e, rapito dagli autoctoni, aveva compreso che lui era sozzo ancora della civiltà che stava cercando di abbandonare, perciò era stato rifiutato; in qualche modo, la civiltà era in lui. Ma proprio da quei fallimenti ne aveva tratto la consapevolezza: c’era solo un motivo per cui era così – incompleto e contraddittorio, insoddisfatto ed insoddisfacente – e quel motivo aveva un nome soltanto... l’oscuro, orribile, riprovevole nome di Hugh Perenzio.
Per cancellare quel nuovo se stesso corrotto, e tornare ad essere quello che era... o forse no, forse per scoprire un nuovo Stivi... aveva solo una cosa da fare: cancellare dal Pianeta Terra l’esistenza di Hugh Perenzio.
Stivi passeggiava, un po’ illuminato dal cono di luce dei lampioni, un po’ nascosto dalle ombre della notte.
Ora mi vedi, adesso non mi vedi.
Ora mi vedi, adesso non mi vedi.
Ora mi vedi, adesso non...

Hugh Perenzio si svegliò di soprassalto.
Aveva avuto di nuovo quell’incubo che lo tormentava ormai da chissà quante notti. Nel sogno, lui se ne stava sdraiato nel letto e dalla porta aperta vedeva la tromba delle scale, lievemente illuminata dalla luce che giungeva dalla sua camera da letto. Lento come un automa, giungeva a lui un uomo di statura imponente e dalle dimensioni muscolari eccezionali. Il volto in ombra, la massa umana avanzava piano, quasi a misurare i passi. E quando la luce illuminava quella faccia impossibile, due occhi di serpente brillavano sopra una lingua biforcuta che spuntava da quelle labbra del tutto umane.
Perenzio bevve un goccio d’acqua dal bicchiere poggiato sul comodino, quindi si sdraiò di nuovo e spense la luce. Quell’incubo che lo tormentava, poteva essere solo materiale per psicanalisti. Domani si sarebbe deciso definitivamente a trovarsene uno.


morto...
là in basso di fronte a me...
ecco il tuo scopo...
domani?
non so...
ecco il tuo scopo...
svanito...
e io?
con lui?
svanito...


“Per intrasoggettività va inteso il mutare interno della mente dell’uomo o l’insieme degli organi del suo corpo.”
(G. Gangemi, La costruzione sociale della Logica, Cap I, pag. 44)


Quando c’è un buco nella mente.
Gli dei, dunque, cadono, raggiungono la dimensione dell’abisso, ragazzo. Ti hanno nutrito, svegliato, spronato? Hai consunto i loro troni e senza appiglio loro sono precipitati, delusi da te. Odio si ricopre di escrementi ora che non vibra più di una forte passione. Ti ha insegnato che anche detestare fino al limite estremo è un diritto: quando non hai altra alternativa; quando c’è una sola via d’uscita e tu puoi spalancarla solo con un urlo. Adesso dov’è? Abbandonato anch’egli. È la parte rabbiosa di te, quella che ti ha nutrito e tu hai nutrito di rimando. Enorme feto senza cordone ombelicale, adesso lui giace in una fredda incubatrice rotta, e il suo parto prematuro è simbolo di morte imminente. Odio si sta spegnendo senza fasti, quando avrebbe voluto spegnersi semmai con enfasi, vedendo oggetti e persone odiate tributare a lui le doverose onorificenze. Nulla di tutto questo. Se un tempo ha avuto una reggia, ora essa è ridotta in macerie. Se un tempo ha avuto una corona, adesso è impregnata di ruggine. Re senza regno e senza esercito, Odio si ricopre di tutto ciò che immondo e defecato. Sente che è quello il posto dove deve stare. Sente che è quello il luogo dove tu, ragazzo, l’hai relegato.


Nel buio. Piano ma con risolutezza. Stivi credeva fosse più difficile scavalcare il muro di cinta per entrare nella villa di Hugh Perenzio, ed invece eccolo in quel giardino curato, davanti alla facciata della villa in stile vittoriano. I cani se ne stavano accoccolati ai suoi piedi, riconoscenti di fronte al nuovo padrone. Non li ha nutriti, non li ha accarezzati. Ma il suo sguardo è stato sufficiente per far capire loro che il vecchio padrone era solo lerciume e chi giungeva si presentava come un manto di luce nelle loro vite. A quattro zampe, il mondo ha una prospettiva più bassa in quanto ad aspirazioni. Quei cani pretendevano solo una figura a cui dimostrarsi fedeli. E l’avevano trovata. Stivi scalzò i cadaveri dei gorilla di Perenzio, lasciati a raffreddare sull’erba umida di una pioggia recente. Dall’alto della sua grandezza cosmica, la luna osservava la scena senza esprimere alcun giudizio. Stivi ringraziò mentalmente questa sua noluttà di interferenza. A girare attorno ad un’orbita, il mondo ha una prospettiva puramente meccanicistica.
Era giunto dunque il momento?
Si era alla resa dei conti?
Anche adesso, di fronte a quella abitazione che era l’unica protezione della sua nemesi, Stivi non si chiese che cosa sarebbe stato di lui una volta asservito al suo scopo. Chi sarebbe diventato dopo? Cosa avrebbe trovato aldilà della sua missione compiuta? Ci sarebbe stata ancora una luna così, nel cielo, a dimostrargli che il giudizio e l’analisi sono puro escremento? O avrebbe nutrito ogni dubbio, ogni piccola incertezza, cadendo in una spirale che si inabissa, restringendosi di un grado ad ogni giro, fino al soffocamento?
Stivi odorò la notte e strinse forte qualcosa che aveva attaccato dietro alla schiena.
Qualunque fosse il destino del domani.
Qualunque fosse ciò che lo attendeva.
Un unico imperativo in mente: quello che devo fare.

Perenzio si svegliò di nuovo, ancora preda di quell’incubo. Non gli era mai successo due volte nella stessa notte, e sentiva una strana vibrazione, come se qualcuno gli tirasse i capelli sulla nuca, ma gentilmente, senza fargli del male. Si sentiva elettrico. Da quanto non si sentiva così? Da quando si era svegliato la notte successiva all’omicidio di Benedict, fedifraga colta in fragrante. Ora lei giaceva mangiata dai pesci in fondo all’oceano. Ma che c’entrava, dunque, che c’entrava quel volto di serpente?
Perenzio si alzò e aprì la porta della camera come se fosse un unico automatismo. Fuori, nel cono di luce creato dal vano, non vi era nessun uomo con la testa di serpente.
Si sdraiò e per qualche minuto ritrovò il sonno.

Stivi si avvicinò alla portafinestra. Aveva calcolato di non fare troppo rumore, ma adesso sentiva che non era più il tempo delle sottigliezze. Se doveva fare ciò che andava fatto, tanto valeva agire, qualunque fossero le conseguenze. O successo o fallimento. Affrontò il possibile dualismo! Con una gomitata mandò in frantumi il vetro, che cadde in piccoli pezzi sul cemento e sull’erba. La luna vi si riflesse, e nemmeno guardò Stivi entrare nella casa con calma serafica, pronto ad essere letale.
Aveva un giudizio da esprimere?
La luna non ne diede l’impressione.

Perenzio si svegliò di nuovo.


ecco il cadavere...
questo è il suo corpo...
offerto in sacrificio per melody...
perchè tutto fosse compiuto...
e io?
compiuto o incompiuto?
ditemi il mio nome...
stampatemelo sulla mia carne...


“Per extrasoggettività va intesa la dimensione della cultura, cioè quel tipo di comportamenti che costituiscono la forma di organizzazione sociale e dei costumi di un gruppo sociale e il ventaglio delle possibilità entro cui si muove ciascun componente del gruppo.”
(G. Gangemi, La costruzione sociale della Logica, Cap I, pag. 46)


Quando c’è un buco nella mente.
È stata fatta tanta strada, e adesso ti scorre dietro con un fiume immobile. Che cosa ne hai ricavato, ragazzo? La caduta degli idoli. Già bistrattato Amore. Già impazzito Odio. Idealità correva leggiadra, un tempo, a considerare ogni teoria e a farla scorrere nelle tue vene. Ricordi i suoi calorosi abbracci? Ora Idealità non ha più braccia, cadute assieme al suo sconforto, che ha pesato sul cuore tanto da renderla menomata. Cieca e senza più possibilità di parlare, si muove nel mondo, spostandosi pericolosamente sul ciglio di un burrone. La roccia è friabile. Un piede messo in fallo, e Idealità cade verso l’abisso con un urlo muto di terrore che le si spande in gola. Strepita il silenzio mentre la vede morire. È questo quello che hai dato, ragazzo, finora? Umiliazione, pazzia, morte. E se credi che tutto questo sia il completamento, guarda più avanti, la figura che avanza di fronte a te. Caracolla e inciampa, sembra quasi paralitica. Chi sarà?
Avvicinati...


Perenzio si svegliò di nuovo, ma lo era davvero?
Vide di fronte a sè quell’immagine impossibile: una figura umana con il viso in penombra, che avanzava lenta e letale. Stava forse sognando? O era il suo incubo che si ergeva a tragico clown della sua esistenza, nella realtà di quella notte impalpabile? Cos’era, dannazione? Finzione o realtà?
Quando poté vedere in volto la figura che avanzava, capì che non era possibile credere all’onirico e doveva accettare la realtà...
“Stivi...”
Stivi non disse nulla, limitandosi ad avanzare.
Perenzio si gettò in piedi di scatto, libero della mente assonnata che di scatto si era risvegliata, quindi avanzò: due calci al mento, qualche pugno rapidissimo al petto e allo stomaco, ed un ultimo calcio alla nuca. Era andata come l’altra volta. Peccato non ci fosse una struttura di quattro metri da cui farlo cadere giù. Che ingenuo, aveva pensato di fermare Hugh Perenzio? Davvero? Il mafioso si avvicinò per gridarglielo in faccia, e la sua arroganza di uomo potente non gli fece scorgere un movimento fulmineo della mano del ragazzo.
Un sacchetto di raso nero. Un laccio che viene via. Un morso fortissimo alla base del collo.
Il piccolo serpente guardò Perenzio per un attimo dopo averlo morso, e il mafioso vide il volto del suo incubo. Uomo e serpente uniti assieme per decretare la sua fine. Perenzio cadde all’indietro mentre il rettile si ritirava ed andava a strisciare lungo la stanza.
“Perenzio, questo è per Melody... e per me! Quello che ti ha morso è un velenosissimo serpente corallo, che può uccidere un bufalo in pochi istanti. Hai qualche parola di congedo da dire a questo mondo che stai abbandonando?”
Il mafioso provò a parlare, ma qualcosa lo bloccava in gola.
“Peccato, il veleno è già in circolo. Non puoi parlare...”
Stivi si sedette sul letto a vedere la lenta agonia del suo nemico giurato. E poco dopo lo spirare di quel mafioso, cominciò in lui un lento ma costante delirio mentale.


ecco qua, melody...
hai visto?
sono il tuo angelo vendicatore...
dalle ali bucate...
che non volerà mai più...
una spada senza filo sulla lama...
un fucile arrugginito che non spara più...
melody, dimmi qual è il mio nome...


Quando c’è un buco nella mente.
Assoluto è davanti a te, ragazzo. Vedi quel volto? Puoi riconscerlo? Sì, è Melody, quella parte di assoluto che hai perso. Lei era diventata il tuo idolo dal quale non potevi eccepire, la fiamma di ogni tua opera, lo spunto di ogni tuo pensiero. Non ti serve più, vero? Infatti, guardala, piangere adesso lacrime di sangue. Assoluto, lo vedi andarsene via? Richiama quell’idolo che ora se ne sta andando per sempre, richiama quel dio col volto di Melody, perchè non lo fai? Perchè non ritrovi in te una motivazione d’esistenza? Perchè ti lasci cadere nel baratro, inginocchiandoti per terra e mettendoti le mani nei capelli, senza urlare il nome di una sorella perduta, in questo squallido quartiere newyorchese?
Perchè c’è un buco nella tua mente.
E colmarlo sarà la tua nuova missione.

stivi handler
00martedì 23 ottobre 2007 00:37
Spot che mi rendo conto essere assai complesso alla lettura.
Dovevo andare avanti ma per farlo sono dovuto tornare anche un passo indietro.
Mi sarebbero serviti due spot divisi (o forse tre), ma sono riuscito a trovare il modo per condensarli nello stesso lavoro.

Le citazioni del testo di G. Gangemi, vanno prese come contrasto e contraltare alla vicenda pischica di Stivi.
cell in the hell
00martedì 23 ottobre 2007 01:18
domani lo leggerò con infinito piacere. Non so se lo sai, ma ormai attendo gli spot di Stivi e Canzano con trepidazione, sono due personaggi così malati da farti godere ogni loro sviluppo. Dai che questa volta ce lo godiamo questo confronto, rivali in entrambi i match, che figata.
HHHThegame
00venerdì 26 ottobre 2007 15:22
gran bello spot, però forse le citazioni sono di troppo a mio parere.

la storia si dirama tra follia e narrativa, offre concetti retorici a volte ovvi a volte no, ho dovuto leggerlo molto lentamente per capirlo appieno.

bel lavoro! [SM=g27811]
sailorluisa
00venerdì 26 ottobre 2007 21:43
spot lungo e complesso...forse troppo. a sto giro gli spot di stivi non mi hanno entusiasmato come al solito. sì, sono stupendi non c'è che dire...però boh....non so spiegare.... [SM=x1183761] [SM=x1183761]
Kurtangle86
00sabato 27 ottobre 2007 00:46
A me piacque!
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:07.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com