Il direttore del personale premia i dirigenti, ma poi...

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marco panaro
00venerdì 11 novembre 2005 21:27
Cassazione Sezione Lavoro n. 21010 del 28 ottobre 2005, Pres. Mattone, Rel. D’Agostino

Oreste M. dipendente della Opel Italia S.p.A. con la qualifica di dirigente e le mansioni di direttore del personale è stato licenziato nel gennaio del 1993 con l’addebito di avere concesso ai dirigenti della società aumenti di retribuzione, premi di produttività e compensi per lavoro straordinario, senza ottenere la previa approvazione del Consiglio di Amministrazione e in contrasto con le direttive della società capogruppo General Motors Corporation. Egli ha chiesto al Pretore di Roma di accertare l’illegittimità del licenziamento sostenendo, tra l’altro, di avere eseguito direttive dell’amministratore delegato e di non essere tenuto ad osservare le disposizioni della società estera controllante. L’azienda si è costituita in giudizio sostenendo che il licenziamento doveva ritenersi giustificato e ha chiesto la condanna del dirigente al risarcimento del danno, costituito dagli importi da lui corrisposti per aumenti, premi, etc. Il Giudice ha ritenuto legittimo il licenziamento ed ha condannato il dirigente al risarcimento del danno richiesto dalla società, determinandolo in misura di circa 650 milioni. Anche la Corte di Appello di Roma ha ritenuto legittimo il licenziamento, ma ha dimezzato l’importo del risarcimento. La Corte ha tra l’altro affermato che lo stesso dirigente aveva ammesso di essere a conoscenza delle direttive della società capogruppo e che non poteva sostenere, a sua giustificazione, di essersi attenuto alle contrarie disposizioni dell’amministratore delegato della società controllata, perché, ben conoscendo l’assetto proprietario della Opel Italia, avrebbe potuto e dovuto informare della situazione il vertice del gruppo. Il dirigente ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte di Appello di Roma per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 21010 del 28 ottobre 2005, Pres. Mattone, Rel. D’Agostino) ha rigettato il ricorso in quanto ha ritenuto che la Corte di Roma abbia correttamente motivato la sua decisione, essendo i fatti contestati al dirigente ed accertati in giudizio tali da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario. I giudici dell’appello – ha inoltre osservato la Cassazione – hanno motivatamente ritenuto che la responsabilità personale e diretta di Oreste M. nel compimento degli illeciti contestati non fosse sminuita dalla collusione, palese o tacita, dai dirigenti beneficiari degli aumenti e dei premi.
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