cicolex
00martedì 10 maggio 2005 08:12
La prova scritta ostativa alla concessione della provvisoria esecuzione di un provvedimento monitorio richiesta nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ex art. 648, c.p.c., può ravvisarsi anche nell’intercorsa corrispondenza, trasmessa via fax ed e-mail a sostegno della domanda riconvenzionale spiegata dall’opponente per il riconoscimento della pretesa di credito vantata nei confronti dell’opposto.
La quaestio juris: la corrispondenza intercorsa per fax ed e-mail può costituire prova scritta idonea a paralizzare la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ex art. 648, Cpc?
L’ordinanza 9 aprile 2005 del Tribunale di Ancona, emessa nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, verte sostanzialmente sull’esame del carteggio per corrispondenza intercorso fra le rispettive parti fin dalla fase pre-contenziosa, al fine di poter statuire sulla richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio ai sensi dell’art. 648, Cpc.
Il suddetto provvedimento, si segnala per l’attenta e compiuta disamina delle rispettive posizioni addotte dalle parti costituitesi nel giudizio di opposizione, tenuto conto delle complesse argomentazioni, attinenti sia alla fase pre-contrattuale, sia a quella contrattuale, nonché di esecuzione dell’accordo ormai raggiunto.
In buona sostanza, il non facile quesito risolto dal giudice adito, attiene specificamente all’individuazione della prova scritta (o di facile e pronta soluzione) dedotta dall’ingiunto nel corso del giudizio di opposizione intrapreso avverso il provvedimento monitorio.
Il ragionamento seguito dal tribunale marchigiano nell’ordinanza in epigrafe può così sintetizzarsi.
<<…. rilevato che l’opponente ha formulato domanda riconvenzionale per risarcimento danni, per rimborso spese sostenute e servizi non usufruiti e di tali doglianze, anteriori alla causa, vi è prova scritta, oltreché nella lettera via fax della Tour 2000 del 4.3.04 (….) nella stessa comparsa di risposta a pag. 4 (…) confermando il nesso tra le fatture oggetto del decreto ingiuntivo de quo e il rapporto….;>>
E’ allora evidente come lo scambio epistolare intercorso fra le parti, posto a base della proposta domanda riconvenzionale avente ad oggetto un vero e proprio "controcredito" invocato dalla società opponente nei confronti della parte ricorrente, abbiano legittimante indotto il tribunale a ravvisare la sussistenza della prova scritta dell’opposizione, contemplata dall’art. 648, Cpc (1), e, conseguentemente, a non accogliere la richiesta concessione della provvisoria esecuzione dell’opposto decreto in assenza di un’esaustiva prova nel giudizio a cognizione ordinaria delle ragioni ab origine poste a base del ricorso per ingiunzione di pagamento.
Tale orientamento, risulta quindi conforme a quello seguito nella materia qui esaminata da una consistente parte della giurisprudenza di merito (2), notoriamente propensa a negare la concessione della clausola di provvisoria esecuzione in presenza di una valutazione giudiziale discrezionalmente fondata esclusivamente sul "fumus" legato all’esistenza del diritto invocato, di contro, dovendosi assumere come elemento decisivo, la prova della pacifica incontrovertibilità del preteso credito, così come addotto dal ricorrente nella fase monitoria, e, successivamente, di opposizione (3).
Ed infatti proprio il tenore dell’art. 648, Cpc citato - se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, (il giudice adito) può concedere, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto - denota chiaramente l’intento propugnato dal legislatore, riconducibile ad un’ottica di tutela squisitamente "ambivalente", considerato che, la formulazione della suddetta norma, se da un lato garantisce i diritti del creditore, impedendo che la tempestiva soddisfazione delle sue legittime pretese possa venire ostacolata dalla proposizione di un’opposizione temeraria, a chiaro scopo defatigatorio, dall’altro, richiede pur sempre che il credito posto a base del ricorso monitorio risulti concretamente permeato dei caratteri di effettività, liquidità ed esigibilità, in mancanza dei quali, non potrebbe darsi luogo ad un giudizio positivo circa l’accoglimento della richiesta di concessione della provvisoria esecuzione avanzata nel corso del medesimo giudizio di opposizione (4).
Orbene, nella fattispecie oggetto d’esame, la prova della fondatezza dell’assunto sollevato da parte opponente la si desume palesemente dal fitto scambio epistolare intercorso tra le parti in lite già nella fase pre-giudiziale, e, precisamente, in quella pre-contrattuale, e di esecuzione del rapporto, osservata la peculiarità dello stesso, in quanto perfezionatosi a distanza, attraverso l’ausilio degli attuali strumenti telematici (5).
Proprio sotto tale profilo, è altresì evidente la costante attenzione rivolta da tutti gli operatori del diritto all’inoltro di corrispondenza commerciale, attraverso i sistemi di posta elettronica e telefax, che, ormai, sembrano aver acquistato a pieno titolo il valore proprio di elementi suscettibili di una significativa valutazione giuridica a fini probatori.
Sebbene a tal riguardo, il vivace dibattito sorto in dottrina (6) non si sia ancora definitivamente placato, l’opinione pressoché unanime della giurisprudenza sembrerebbe deporre a favore della piena validità dei contenuti espressi in documenti inviati per e-mail (7) e telefax (8) prodotti in giudizio dalle parti, al fine di poter comprovare l’esistenza del proprio diritto.
Da quanto sinora esposto, la pronuncia in esame, si rivela quindi estremamente importante sotto l’aspetto propriamente valutativo, concernente per lo più l’individuazione dei requisiti e presupposti applicativi occorrenti nella fattispecie de quo, al fine di poter identificare compiutamente i contorni della c.d. "prova scritta" su cui poter fondare le ragioni dell’opposizione, ritenute validamente ostative rispetto alla richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
In effetti, non va dimenticato che, poiché l’ordine con il quale il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo decide sull’istanza presentata ex art.648, primo comma, Cpc, viene normalmente eseguito fin dalla prima udienza di comparizione delle parti, ex art. 180, Cpc, appare molto difficile negare l’esistenza di un significativo "squilibrio" nella difesa delle posizioni assunte dalle rispettive parti (opposto ed opponente), tenuto conto finanche della ricorrente sostanziale inversione dell’onus probandi.
Orbene, in merito a tale ultima questione, appare opportuno precisare che, mentre nella fase monitoria la prova allegata dal ricorrente può non essere del tutto esaustiva delle ragioni di credito, il quadro della situazione dovrebbe mutare radicalmente nell’eventualità di un successivo instaurarsi del giudizio di opposizione, atteso che, verificandosi tale ipotesi, il creditore dovrebbe fornire - a contraddittorio regolarmente instauratosi - la prova del proprio diritto, secondo i dettami dell’art. 2697, Cc.
Tuttavia, nonostante la notorietà di tale impostazione, nella prassi applicativa dell’istituto in esame, come innanzi accennato, non di rado si assiste ad un sostanziale ribaltamento di posizioni, giuridicamente rilevanti ai fini della decisione sulla provvisoria esecuzione del decreto opposto, per cui sovente accade che sia l’opponente a dover fornire la prova scritta (o di facile e pronta soluzione) secondo i dettami dell’art. 648, Cpc, poiché la valutazione del giudice investito di tale questione, si "sposta" dalla reale fondatezza della pretesa di credito avanzata dal creditore, all’indagine volta ad accertare l’eventuale riscontro immediato di un’apprezzabile fondamento probatorio posto a base dell’atto di opposizione avverso il decreto ingiuntivo già emesso.
Tanto premesso, emergendo ictu oculi la diseguale posizione assunta dalle rispettive parti fin dalla prima udienza dell’ordinario giudizio di cognizione, la giurisprudenza appare essersi orientata in senso favorevole ad un’attento e complessivo esame delle contrapposte ragioni, sotto il duplice profilo del fumus boni juris e del periculum in mora posto a base delle reciproche ragioni addotte dai litiganti, tanto nell’eventualità dell’accoglimento della richiesta ex art. 648, Cpc, quanto nell’ipotesi di un suo rigetto (9).
A ben vedere, un’attenta e meticolosa conduzione di tale disamina, appare necessaria, ed anzi ineludibile, rispondendo ad un delicato criterio di immediato "bilanciamento" dei contrapposti interessi di cui ciascuna parte è promotrice, originati dalla stessa vicenda, reso ancor più evidente dall’ulteriore circostanza, che, il provvedimento giudiziale con il quale si statuisce sull’accoglimento dell’istanza ex art. 648, Cpc, una volta emesso, non è impugnabile, né revocabile, potendo essere travolto soltanto dalla sentenza che definendo il grado di giudizio, accoglie l’opposizione (11).
Riassumendo, l’ordinanza in epigrafe, inserendosi nel solco già tracciato da altre pronunce di merito (10), prendendo in esame, sotto ogni aspetto ritenuto giuridicamente rilevante, la documentazione probatoria offerta dalle parti, appare rispettosa dei consueti principi generali di diritto disciplinanti la materia qui considerata, la cui puntuale osservanza, non può minimamente porsi in discussione, come peraltro osservato dall’orientamento espresso dalla Consulta (12), volto ad esternare chiaramente un "cauto ottimismo" per quanto attiene alla concedibilità allo stato degli atti, del "nulla osta" all’esecuzione del provvedimento emesso al termine della fase monitoria, per le ragioni innanzi esposte (13).