Cultura e mondo animale

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vanni-merlin
00sabato 1 luglio 2006 00:08
Pietro Rossi

Cultura e mondo animale



Un presupposto esplicito dell'Antropologia e delle scienze sociali contemporanee è stato, fino ad un paio di decenni fa, la connessione cultura - apprendimento - linguaggio; ed è proprio attraverso la messa in questione di questa connessione che si realizza, o meglio che si manifesta una tendenza a spostare ancora più, diciamo, "in basso", ma qui forse il termine "in basso" non è particolarmente felice, ma non ne trovo un altro migliore, il limite della cultura. Intanto abbiamo visto che nell'antropologia contemporanea la cultura viene interpretata come una eredità differente, eterogenea rispetto all'eredità biologica: l'eredità biologica viene trasmessa geneticamente e la cultura si apprende. Ora, noi sappiamo che in realtà l'apprendimento non è un'alternativa netta alla trasmissione per via genetica; intanto lo stesso apprendimento ha delle condizioni genetiche molto precise, ma tra l'uno e l'altro tipo di trasmissione vi sono dei momenti di passaggio, delle fasi intermedie: tutto l'"imprinting" che si realizza in fase neonatale non è trasmissione per via genetica, ma non è neppure apprendimento; in secondo luogo soprattutto, quello che è entrato in crisi, che oggi non è più accettabile, è la tesi dell'esclusività umana del linguaggio. Noi sappiamo, pensiamo agli studi di Lorenz, di von Fritz, di Heibel Heibelsfeld, al grande sviluppo che negli ultimi decenni ha avuto l'etologia, non che gli animali parlano, ma che certamente parecchie specie animali sono capaci di un linguaggio. Questo linguaggio naturalmente non è necessariamente un linguaggio fonico, è un linguaggio fonico in certe specie di mammiferi, le api comunicano fra di loro attraverso la danza, una danza che poi segue delle regole molto precise. Ebbene, se l'ambito della cultura è coestensivo con l'ambito del linguaggio, allora noi dobbiamo ammettere che anche nel mondo animale esistono delle forme di cultura. Cosicché abbiamo una fase ulteriore della vicenda: il concetto di cultura era servito nell'Ottocento a recuperare la distanza tra i popoli pervenuti allo stato di civiltà, vale a dire tra i popoli letterati, e i popoli primitivi, oggi probabilmente il concetto di cultura può servire a recuperare la distanza tra il mondo umano ed il mondo animale o di certe specie animali. Del resto noi sappiamo ormai che l'evoluzione culturale e l'evoluzione biologica non sono momenti distinti e successivi di uno stesso processo. L'evoluzione culturale influisce su quella biologica oltre ad esserne condizionata, si tratta appunto di due processi che in qualche modo interferiscono; questa interferenza, probabilmente, ancorché per vie diverse, con modalità diverse, si ha anche presso altre specie, specie animali. Ecco quindi che, quella che in origine era la "cultura dell'animo", diventa invece un fenomeno esso stesso inscrivibile in un processo evolutivo, che certamente nell'uomo ha assunto modalità specifiche, ma che non possiamo più considerare esclusivamente umano.

Tratto dall'intervista Cultura e civiltà, , Napoli 14 ottobre 1993



da: www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=180

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