Chiesa Valdese di Trapani e Marsala - Lettera dall 'Apocalisse‏

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ClintEastwood82
00mercoledì 8 luglio 2009 11:34
Lettera dall'Apocalisse
Written by Administrator   
Domenica 05 Luglio 2009

Ravvediti e compi le opere di prima


All'angelo della chiesa di Efeso scrivi:
Queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:
Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi.
So che hai costanza, hai sopportato molte cose per amor del mio nome e non ti sei stancato.
Ma ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore.
Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.
Tuttavia hai questo, che detesti le opere dei Nicolaiti, che anch'io detesto.
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio. (Apocalisse 2:1-7)

Immaginatevi tre fotografie della chiesa di Efeso. Prima foto: brillante.

Già l’apostolo Paolo, intorno all’anno 62, mentre era carcerato a Roma, aveva scritto una lettera alla comunità di Efeso, che potete tranquillamente leggere, ma di cui voglio proporvi subito tre versetti (cap.1, dal 15 al 16), per ricordare come Paolo prendesse coraggio e gratificazione dalla fede e dalla condotta di questa chiesa:

Perciò anch'io, avendo udito parlare della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente.

Prima di addentrarci nella meditazione vi dò alcune notizie sulla città di Efeso.

La città di Efeso, che oggi si trova in Turchia, era una delle città più ricche e colte dell’antichità e condivideva con Pergamo la supremazia amministrativa nell’Asia minore. Era un ottimo porto commerciale, ma oggi il mare si è allontanato di qualche chilometro. Fu patria di poeti e di filosofi famosi, come Eraclito. Ma fu, soprattutto, sede del famoso tempio dedicato ad Artemide, una delle sette meraviglie dell’antichità. Questo tempio era grande quattro volte il Pantheon di Atene ed era sorretto da 117 colonne alte più di venti metri. Ovviamente non mancava un capiente teatro, pronto ad ospitare fino a 24.000 spettatori.

Qui predicò l’apostolo Paolo, fondandovi una comunità cristiana, subito rivelatasi matura, forse perché i suoi membri provenivano da una classe abbastanza colta ed erano poco inclini a rendere il loro culto alla dèa Artemide, onorata da tutti come la ‘grande madre’.

Seconda fotografia della chiesa di Efeso: sbiadita.

Quando Giovanni scrive l’Apocalisse, intorno all’anno 90, è già numerosa la schiera dei martiri cristiani. Nerone ha già illuminato i suoi giardini con il corpo cosparso di pece dei nostri primi fratelli cristiani. Ora c’è Domiziano che pretende adorazione, e quindi è tempo di altre persecuzioni.

Giovanni, l’autore del nostro testo, vede vicina la fine e il ritorno del Figlio di Dio. Purtroppo ci sfuggono i significati di molte simbologie utilizzate nell’Apocalisse, ma tante parti di essa ci sembrano più facili in quanto utilizzano un linguaggio più chiaro. Nella nostra lettera la decodifica dei simboli ce la fornisce lo stesso autore.

Gesù si presenta come colui che tiene le sette stelle sulla sua mano destra e che cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro.

Le stelle sono i pastori delle sette chiese, e Gesù li tiene sulla sua mano destra!

Il suo tesoro, potremmo dire. Stelle destinate a illuminare la notte della fede, specialmente ora che il martirio è possibile ogni giorno.

I sette candelabri d’oro sono le sette chiese, a cui viene rivolta un appello particolare in queste sette lettere dell’Apocalisse.

Gesù cammina in mezzo a noi discepoli, è qui, in mezzo alla nostra comunità,  nel cuore della chiesa. Questa promessa, posta all’origine del cristianesimo, è rassicurante, nonostante le tragedie della storia.

Gesù cammina con la sua chiesa. Questo suo «essere con», ci dà la certezza che Dio si interessa a noi, alla nostra vita e al nostro futuro.

E nulla gli è nascosto. Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza.

Ovviamente Gesù conosce anche le nostre opere, la nostra fatica, la nostra costanza.

La nostra costanza, nonostante tutto, certo! e la prova è che oggi siamo ancora qui, a lodare Dio, riuniti come chiesa. Ma quanti potrebbero essere oggi qui con noi e invece non ci sono? E quanti di noi resisteranno fino alla fine? Teniamo ancora il nostro cuore vigile per l’arrivo improvviso dello sposo, come le vergini della parabola di Gesù, con le fiaccole accese per l’arrivo dello sposo?

Forse la nostra comunità somiglia molto alla chiesa di Efeso, e anche noi meritiamo l’affettuoso rimprovero di Gesù: ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore.

Mi sembra stupendo questo versetto. Gesù non chiede altro, solo amore, ma l’amore del primo giorno, quando vibra tutto il corpo e tutta l’anima, solo accostandoci alla persona amata.

L’abitudine spesso è il tarlo che rovina le nostre relazioni umane.

Per questo è necessario riscoprire ogni giorno le ragioni che ci hanno messo accanto, che ci hanno permesso l’amore, che ci hanno indirizzato verso una scelta di vita.

Dimenticare il primo amore significa per un cristiano vivere di formalismo e perdere il contatto con lo Spirito Santo, che sempre deve guidarci e a cui sempre dobbiamo fare riferimento.

Il rimedio? Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima.

Certo la nostra fede è nata nell’entusiasmo ma, se ora ci accorgiamo che l’amore non dà i suoi frutti, forse anche noi siamo decaduti e abbiamo bisogno di ravvederci. Quando abbiamo abbracciato la fede propostaci da Gesù, eravamo pieni di gioia e pronti a dargli tutto: questo era vero amore.

Ma ora?

Ecco, superiamo la nostra incostanza, riproponendoci di recuperare l’amore del primo giorno di fede.

Recuperiamo i motivi che ci hanno permesso di diventare chiesa, e con l’amore di prima compiremo anche le opere di prima. Agiremo per amore, lo stesso amore che Gesù dona a noi.

Il nostro testo fa un esplicito riferimento ai nicolaiti, che minacciano la comunità cristiana delle origini. Si tratta dei discepoli di Nicola, menzionato dal libro degli Atti (6: 5) come appartenente alla chiesa di Antiochia, non lontana da quella di Efeso. Nicola era stato scelto come diacono, in quanto pieno di zelo e di fede. Quindi non è ben chiaro se Nicola sia diventato eretico o fosse stato frainteso dai suoi discepoli.

Comunque sia, dalla testimonianza dei Padri della chiesa sappiamo che i nicolaiti si caratterizzavano per la loro condotta licenziosa. Forse avevano male interpretato la predicazione dell'apostolo Paolo sulla legge e sulla grazia. Forse avevano inteso la loro libertà come libertinaggio, rigettando ogni esigenza posta dalla legge di Dio. Poiché la grazia libera dalla legge, essi credevano che il cristiano potesse tranquillamente abbandonarsi alle passioni terrene.

Gesù rigetta questa posizione attribuita ai discepoli del diacono Nicola e loda gli Efesini, che se ne stanno bene alla larga. In definitiva Gesù è contento di questa chiesa, chiede soltanto che l’amore non diminuisca e che sia recuperato lo spirito iniziale che li ha portato alla fede. La promessa è quella di mangiare il frutto dell’albero della vita, cioè ottenere con Lui la vita eterna.

Terza fotografia della chiesa di Efeso: bruciata. Non c’è più la chiesa di Efeso!

Il Signore possiede la foto anni-50 della nostra chiesa, ci conosce così come siamo oggi.

Speriamo che l’ultima foto non sia bruciata come quella di Efeso. Sta a noi, al nostro amore rinnovato, fare in modo che non sia smosso il candelabro della nostra chiesa.Amen.

Franco D'Amico

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