Antonio Pappano: "Nulla è scontato neanche Mozart"

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vanni-merlin
00domenica 1 novembre 2009 12:38
Antonio Pappano: "Nulla è scontato
neanche Mozart"



Il maestro angloitaliano: bisogna dare sempre il meglio solo così la musica che amo sarà salva



SANDRO CAPPELLETTO

ROMA
«E' una Messa democratica, perché tutti, proprio tutti, coro, cantanti, orchestra, sono chiamati a fare la loro parte. E solo dall'unione di tutti può nascere un buon risultato». Antonio Pappano, cinquant'anni a dicembre, ha inaugurato ieri sera la stagione dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia dirigendo la Missa solemnis di Beethoven (altre repliche domani e martedì). Un successo nettissimo per tutti gli interpreti, per un'opera che la sua direzione ha esaltato nei contrasti, così radicali, che rendono questa Messa unica; qui Beethoven prima di tentare di placarsi nella salvezza della fede, passa attraverso le tentazioni, i dubbi, le sfide di Faust: «E' una partitura quasi impossibile, ma non bisogna avere paura delle cose impossibili: le difficoltà non sono mai insuperabili e comprenderle, affrontarle, dà un senso profondo al nostro lavoro».

Questa mattina, il maestro inglese di origine campana inaugura la serie delle Lezioni di musica promosse dagli Amici di Santa Cecilia parlando «delle donne in Puccini»; con l'incisione di Madama Butterfly ha vinto un Gramophone Award, il premio discografico inglese, mentre la sua orchestra italiana - ne ha due, l'altra è quella del Covent Garden a Londra - è stata proclamata da una rivista specializzata «una delle migliori dieci del mondo». «Una buona notizia, ma non mi interessa - dice - Mi interessa di più la recita che faremo domani, e poi la prossima: hai diritto a essere soddisfatto solo dopo l'ultima rappresentazione e solo se hai fatto sempre il meglio che potevi fare. Se tu e chi lavora con te, condividono questo entusiasmo, il pubblico si emoziona, sente di ricevere qualcosa: attraverso il nostro impegno: scatta la comunicazione, l'intesa reciproca. Quando succede così, mi sento tranquillo: la musica che amiamo sarà salva».

Non è scontato?
«Non c'è niente di scontato, nemmeno la Quinta di Beethoven. Dare qualcosa per scontato è il pericolo più grande per ogni artista professionista».

Da Roma a Londra, per il Tristano di Wagner al Covent Garden. Poi a Milano, per l'inaugurazione della nuova stagione dell'Orchestra Filarmonica della Scala, dove nel 2012 dirigerà un'opera. Il 2009, maestro, sta diventando il suo anno memorabile.
«Forse ho trovato, con il tempo che ti matura sempre, anche una maggiore libertà e una maggiore serenità sul lavoro. Raggiungere questa dimensione ti dà qualcosa in più. Sul podio adesso mi sento a casa, in armonia con me stesso».

Si sente a casa anche in Italia?
«Il contratto con Santa Cecilia scade nel 2013; poi, se mi vogliono, io resto volentieri».

Anno memorabile, il 2009, anche per i tagli, le polemiche sull'impegno, o il disimpegno, dello Stato verso il finanziamento delle arti, dello spettacolo.
«Qui entriamo nel grande problema della vita culturale italiana: è un problema profondo, sotterraneo, non risolto. C'è un immenso patrimonio, e quasi quasi c'è la tentazione di pensare che possa mantenersi da solo, mentre sappiamo bene che non è così. Noi musicisti non siamo uomini politici, possiamo fare solo una cosa, però importantissima: mettercela sempre tutta, tenere vivo l'amore per questa musica».

Dalla Messa di Beethoven a quella di Verdi. Sempre con l'Orchestra di Santa Cecilia, ha registrato il «Requiem». Lo ha diretto con una passione quasi visionaria.
«E’ un Requiem composto da un italiano e credo che il rapporto degli italiani con la religione sia esplosivo, viscerale, anche nel timore di venire puniti per i propri peccati. Nel Requiem di Verdi vivono queste dinamiche, queste passioni. Per dirigerlo e cantarlo bene, bisogna conoscere le sue opere».


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