EUGENIA GRANDET – Onorato Di Balzac – traduzione: Grazia Deledda

il Poeta 1
00venerdì 8 gennaio 2010 11:38
EUGENIA GRANDET – Onorato Di Balzac – traduzione: Grazia Deledda


Vita e movimento nella pittoresca contrada dove lo sguardo del signor Grandet, uomo stimato per l'acutezza negli affari da saper trarre dai suoi capitali continui guadagni.
Uomo parsimonioso d'arrivare alla pignoleria, ma la sua parola era legge per il paese.
Negli affari prendeva tempo tartagliando, pesando l'interlocutore con: . Mai diceva né di sì né di no, e mai scriveva. Fattasi un'opinione non la cambiava.
Quando l'avversario aveva chiarito la sua richiesta, prendeva tempo: < Prima devo consultare mia moglie, (frase usata per strategia).>

Nel 1819, metà novembre, giorno di festa, in mattinata tutta Saumur vide la signora e la signorina Grandet con la domestica recarsi in chiesa...
Sul far della sera, Nannina accese il fuoco per la prima volta in onore di mastro Cruchot, l'abate e il signor Bonfons (i pezzi grossi del paese), frequentatori di casa Grandet.
- Durante il pranzo, l'ex sindaco contemplò un istante la figlia con l'abito nuovo, e gridò gaiatamente: < Eugenia compie ventitré anni; e bisognerà occuparsi di lei.>
Madre e figlia si scambiarono in silenzio un'occhiata d'intelligenza...-

- < Son tutti qui per i miei scudi... vengono ad annoiarsi per mia figlia... ma non sarà di nessuno di loro, ed essi mi serviranno di amo per pescare>.
Tutto contribuiva a rendere la scena di una triste comicità. La figura di Grandet, che sfruttava la falsa amicizia di quelle due famiglie e ne traeva profitti enormi, dominava il dramma e lo rischiarava.-

- Nella vita pura e monotona delle ragazze v'è un'ora deliziosa in cui il sole effonde nell'anima loro i suoi raggi, per Eugenia giungeva oramai il momento di scorger chiaro nelle cose di questa terra.-

Libro scorrevole, piacevole, che fa riflettere...

Pontiggia Lorenzo
il Poeta marylory
il Poeta 1
00venerdì 8 gennaio 2010 20:34
E.MORIKE – MOZART in viaggio per Praga

- Nell'autunno de1787 Mozart intraprese in compagnia di sua moglie un viaggio per Praga...
< Dio, che splendore!> esclamò egli levando lo sguardo agli alti tronchi. < Sembra essere in chiesa! Mi par quasi di non essere mai stato in una foresta e di comprendere soltanto ora che cosa vuol dire un folto popolo di alberi!... e non è una finzione da poeti, come ad esempio le loro ninfe, fauni, e neppure come un bosco da scenario... La terra è veramente bella; nessuna maraviglia che vi si voglia restare il più a lungo possibile...> -

- Nel godere e nel creare, Mozart non conosceva limite e misura. Una parte della notte era sempre dedicata a comporre... Ad un suo mecenate scriveva: < Ci arrabattiamo per vivere onestamente e spesso è difficile di non perdere la pazienza...> -


Sostando per far rifiatare i cavalli ad una locanda; Mozart lascia, come al solito, alla moglie la cura d'ordinare il pranzo, e per sgranchirsi coglie l'occasione di visitare il giardino del vicino castello, l'occhio cade su un alberello d'aranci colmo di bei frutti, reminiscenza di gioventù l'attrae, se la coccola nel palmo della mano per sentire la musica fragrante della fresca buccia... Senza accorgersene la stacca, prende un coltellino dal manico d'argento... Fissa le due metà, le riunisce, le ridivide come un pentagramma... Il suo sogno d'amore è troncato dal rumore di passi, si sente in colpa, vorrebbe nascondere il reato, per orgoglio si riprende anche perché davanti a lui c'è un omaccione in livrea, il giardiniere...


- Mozart, ride attraverso il suo visibile rossore...

< Scusi > comincia il giardiniere... < io non so con chi...>.
< Maestro di cappella Mozart, di Vienna.>
< E' senza dubbio conosciuto nel castello?>
< Sono forestiero di passaggio. Il signor conte è in casa? >

< La sua signora?>
< E' occupata, e sarà difficile parlarle.>
Mozart si alza e fa l'atto di andarsene.
< Un momento, signore! Come si è azzardato di approfittarsi così in questo luogo?>
< Come, approfittarmi ?!> esclama Mozart;
< credete forse che io abbia preso quel coso per mangiarmelo?>
< Signore, io credo ciò che vedo. Questi frutti sono contati ed io sono responsabile. L'albero del signor conte è destinato ad una festa; dev'essere portato via appunto ora. Io non la lascio andare senza aver riferito la cosa, e prima che lei stesso m'abbia fatto testimonianza su questa faccenda.
< E sia! aspetterò intanto qui. State pure tranquillo!>
Il giardiniere si guarda attorno esitante, e Mozart, pensando che si tratti solo di una mancia, mette
la mano in tasca; ma non trova neppure un centesimo...

Prende un foglio in bianco: < Gentilissima Signora! Eccomi qui dannato nel suo paradiso, come una volta Adamo dopo aver gustato il pomo. La disgrazia è accaduta e non posso neppure darne la colpa ad una buona Eva, che in questo momento, contornata dalle grazie e dagli amorini di un'alcova, è all'albergo a ristorarsi col più innocente dei sonni. Mi comandi, ed io renderò conto in persona del delitto a me stesso inesplicabile.
Con sincera vergogna, di S. E.
Umilissimo servo
W.A. Mozart,
in viaggio per Praga> -


- … Quando il Conte e il figlio apprendono la fatale notizia.
< Maledizione!> grida il signore pingue, bonario, ma un po' collerico, < è inconcepibile! Un musicista viennese, avete detto? Probabilmente uno di quei pezzenti che vanno attorno accattando, e arraffano quel che trovano.>
< Perdoni, vossignoria! Non mi sembra che abbia tale aspetto. Mi pare piuttosto che non abbia il cervello del tutto a posto, e per giunta è molto superbo. Dice di chiamarsi Moser. Sta giù ad aspettare risposta; io gli ho lasciato vicino Checco, per tenerlo d'occhio.>
< Che serve ormai, perdinci! Tanto, anche se faccio metter dentro quello scemo, il danno non si ripara più. V'ho detto mille volte che il portone grande deve restar chiuso...> -


Libro semplice alquanto divertente...


Lorenzo Pontiggia
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